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Categorie e registrazioni demografiche - Le conseguenze dello scompiglio religioso della Riforma Protestante.

Sempre nella relazione statistico inventariale del ‘da Lezze’, si legge che, in caso di chiamata alle armi, la comunità di Osio Sopra avrebbe messo a disposizione dei soldati: ‘1 pichiere’, fante munito di picca [], ed ‘1 galleotto’, rematore da imbarcare sulle galee.

 
Nell’ambito dell’apparato governativo della Repubblica di Venezia, tra i suoi Organi Amministrativi vi era la ‘Milizia da mar’ un ufficio che si occupava della coscrizione delle persone da imbarcare sulle navi militari per remare (le galee). Spettava a questo ufficio computare il fabbisogno dei galeotti in rapporto al numero di navi che componevano la flotta militare. Nel 1545, ad esempio, vi furono 10.062 rematori coscritti potenzialmente convocabili [].

Ngaleeel ‘71, per la battaglia di Lepanto (più correttamente delle Curzolari), le corporazioni della città di Brescia furono incaricate di reclutare 338 galeotti ma quella dei notai, per l’occasione, sollevò una vivace protesta.

Ma chi erano gli uomini ammessi ai remi di una galea? Innanzitutto il Senato della Repubblica, nel ‘45, aveva istituito le ‘galie sforzate’ ovvero le galee che dovevano imbarcare solo carcerati (ladri, assassini, stupratori, eretici, bestemmiatori, ecc.), condannati con una specifica pena avente una estensione temporale massima di 12 anni (del resto, di più, il fisico non avrebbe retto).

Ma visti gli scarsi rendimenti di questi rematori, si passò ben presto a navi dotate di un equipaggio misto composto da: condannati, schiavi, coscritti e da volontari.

Gli schiavi erano riconoscibili, nei disegni dell’epoca, per un’unica ciocca di capelli raccolta su un capo completamente rasato ed erano per lo più prigionieri mussulmani. I volontari, chiamati galeotti di libertà (i buonavoglia a Firenze), erano persone che avevano contratto debiti di gioco e che, con la paga da galeotto, avrebbero avuto la possibilità di estinguerli.

In effetti, appena imbarcato, aveva diritto ad un premio di arruolamento di 25 ducati veneziani ma che, il più delle volte, gli veniva trattenuto in parte dal capitano della nave per coprire i costi del vestiario, delle medicine e delle razioni supplementari di cibo. Il saldo, infine, avveniva con una valuta meno pregiata rispetto a quella corrente: la moneta d’armata.

In quel periodo tuttavia, per gli individui di umile condizione sociale, il remare rappresentava l’accesso ad una attività ben remunerata oltre che rispettata. E’ da ricordare che, una volta a bordo, solo gli schiavi e i carcerati venivano incatenati alla loro postazione e da lì non si sarebbero più mossi se non dopo il rientro al porto. I galeotti coscritti e di libertà avevano invece l’obbligo di abbandonare la postazione di rematore per impugnare le armi e passare al combattimento diretto a fianco dei soldati quando la nave avrebbe ingaggiato la battaglia.

Altra specialità d’arma computata dal da Lezze, fu quella dell’archibusiere cioè il fante armato con l’archibugio [].

Le comunità confinanti con Osio Sopra furono in grado di fornire anche loro i soldati, secondo la seguente ripartizione:

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Le registrazioni demografiche nell’archivio parrocchiale di Osio Sopra.

In Italia (ed in Europa), la creazione di raccolte di dati demografici comincia ad avere una struttura organica ed omogenea, ma anche una vasta diffusione applicativa, a partire dalla seconda metà del ‘500 per poi subire una radicale trasformazione nell’800 con il periodo Napoleonico.

Il Concilio di Trento rappresentò il contesto nel quale vennero decise importanti regolamentazioni delle registrazioni demografiche come: i matrimoni, i battesimi e le sepolture. A dire il vero tali eventi venivano già registrati da parte della Chiesa ma non in modo continuo ed omogeneo nell’ambito delle diverse diocesi. Nel 1563 fu definitivamente confermato l’obbligo della tenuta dei registri parrocchiali di battesimo e matrimonio mentre, nel 1614 papa Paolo V col Rituale Romanorum, sancì l’obbligo definitivo di registrazione anche delle sepolture e la compilazione annuale del registro dello ‘stato delle anime’.

Quest’ultimo tipo di registrazione si può considerare come il vero prototipo del moderno censimento di una comunità (o meglio delle anime di una parrocchia). Essa veniva solitamente compilata in tempo di Pasqua per accertare l’osservanza dei doveri sacramentali (la confessione e la comunione). Ciò che rende singolare lo ‘stato delle anime’ è, da un lato, la confluenza di più informazioni su ogni singolo nucleo familiare (foco), mentre dall’altro vi era la stretta periodicità esecutiva. La lettura comparativa tra registrazioni progressive, dà infatti la possibilità di osservare: gli spostamenti abitativi, la grandezza e la composizione di un nucleo famigliare. E’ così che nelle parrocchie italiane andò formandosi una raccolta documentale, composta da registri, unica e preziosa nel suo genere.

Osio Sopra, in questo periodo storico, apparteneva alla diocesi di Milano dove il governo del cardinal Carlo Borromeo rese esecutivi, con forza e rigore puntiglioso, i decreti emanati dal Concilio di Trento aggregato alla Regione VI, nel piano dell’ordinamento vicariale della diocesi, esso era inserito nella plebanìa di Pontirolo Vecchio composta da 36 parrocchie che si ripartivano territorialmente tra la parte veneta e quella milanese.

Questa plebanìa vantava il diritto di autonomia da lunga data, cosa per nulla gradita al cardinale (il prevosto di Pontirolo aveva le insegne episcopali). Egli iniziò allora il suo intervento creando lo smembramento in 3 vicariati foranei: Treviglio e Vaprio per le parrocchie in ambito milanese e Sforzatica per quelle nello Stato Veneto. Ma le pretese di nomina avanzate dal cardinale venivano regolarmente avversate dal vicario di Sforzatica che tendeva alla difesa della perduta autonomia.

La partita si dilungò per circa 10 anni (dal ’66 al ’77), con fitte schermaglie tutte incentrate sulle assegnazioni delle prebende e dei benefici, la vera posta in gioco. Lo scontro uscì spesso dagli ambiti strettamente canonici per finire in quelli civili che chiamavano in causa, per rendite di piccola entità, i Rettori Veneti in Bergamo mentre, per quelle maggiori, si arrivava fino ai rappresentanti degli organi amministrativi della Repubblica e al Nunzio pontificio in Venezia.

Sarà solo nel 1784, per ordine di Giuseppe II d’Austria, che l’intero vicariato passerà alla Diocesi di Bergamo [].
I registri parrocchiali compilati durante questo secolo, furono tenuti dai due parroci: Antonio De Cristiani, dal 1536 fino al 1566 e da Antonio Arrigoni, dal 1566 fino al 1600, reggendo per circa un trentennio ciascuno, il governo della parrocchia osiense. Antonio De Cristiani probabilmente iniziò per primo la tenuta dei registri di battesimo e dei matrimoni anticipando le disposizioni contenute nei decreti tridentini, un’evidente prova del tipo di preparazione formativa che possedeva.
La sua acculturazione era in netto contrasto con le situazioni, a volte anche paradossali, di ignoranza e di analfabetismo assai diffuse tra il clero del nord Italia [].

Nel peggiore dei casi, alcuni di loro non erano in grado di capire il significato neanche delle parole liturgiche pronunciate durante i riti. Chiese abbandonate, sporche, con gli arredi sacri in pessimo stato, oppure affittate per altri utilizzi a scopo di guadagno. Messe a pagamento, con intrecci mistico superstiziosi, bestemmie, ubriacature, giochi d’azzardo (carte e dadi) e poi concubinaggio (con prole numerosa) e atti osceni []. Nel 1549, ad esempio, a Pontirolo i canonici giravano armati e commettevano ‘…atti malissimi con fatti et parole’ mentre la chiesa era ridotta ‘ad una speloncha de latri’ [] un ricettacolo di banditi e delinquenti.

Numerosi sono i documenti dell’epoca, provenienti dagli atti processuali, civili e religiosi, condotti a carico sia di membri che di intere comunità religiose bergamasche, maschili e femminili. Insomma una situazione che da tempo risultava molto degenerata, alimentata da un’abbondanza sul territorio di un clero disobbediente, poco preparato  ma soprattutto, poco rispettoso dei dettami dottrinali (con le dovute eccezioni ovviamente), a fronte di un sensibile bisogno di religione della gente comune.

Tutto questo spianò il terreno alla penetrazione, alla permeazione dei principi riformatori sviluppati oltralpe da Martin Lutero a partire dal 1517.  Il confine con lo stato dei Grigioni e le rotte dei traffici mercantili facilitarono la veicolazione anche nella bergamasca delle idee e delle pubblicazioni riformiste. I libri, dunque, furono il mezzo di informazione più utilizzato tant’è che il vescovo di Bergamo Lippomano, il 19 maggio 1539, emanò una circolare con la quale vietava ai librai della città di vendere o rilegare opere di autori proibiti.

Alla formazione della lista di tali libri, contribuì il processo contro Giovanni Giacomo Terzi, ex frate benedettino, nella cui biblioteca personale furono trovate numerose opere alcune delle quali erano state scritte da Lutero stesso [].

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Tav. 1 - COMPARAZIONE SU SCALA MACRO E MICRO
DEGLI  EVENTI RELIGIOSI NEL XVI° SECOLO

 

Fonti: G. Palitta, D. Meldi ‘Cronologia Universale’ e M. Firpo ‘Vittore Soranzo vescovo ed eretico’.

Il libro però aveva due requisiti di base: il saper leggere e una certa disponibilità finanziaria. Di fatto oltre agli ecclesiastici, le categorie professionali coinvolte nei processi per eresia a Bergamo furono i farmacisti, i medici, i notai, gli insegnanti e i bottegai (Tav.1). La numerosità di tali processi crebbe sorprendentemente nel ventennio dal ’30 al ‘50, e molti degli imputati, dopo aver opportunamente abiurato, ripararono nella vicina Svizzera dove continuarono con la loro scelta di fede.

Caso singolare fu quello del medico Guglielmo Grataroli, laureatosi a Padova nel ’39, calvinista convinto, fu processato per la prima volta nel ’44 a Milano dove dovette abiurare. Col secondo processo del ’50, venne bollato  come ‘heretico pertinace et relapso et scandaloso et infame’ [] ma lui nel frattempo si era rifugiato nello Stato dei Grigioni (in Valtellina), riuscendo a sfuggire alla pena di morte per decapitazione comminatagli, nel frattempo, dalle autorità civili della Repubblica.

Trasferitosi a Basilea, oltre a continuare l’esercizio della professione medica, pubblicò anche diverse opere scientifiche che ebbero fama in tutta Europa. La sua morte avvenne nel 1568.

 

Il grande Carlo

scarloIl Concilio di Trento con i suoi decreti ma soprattutto con l’operato di Carlo Borromeo permise di riaggiustare, se così si può dire, la situazione riagguantando ciò che stava per essere perduto probabilmente per sempre: la credibilità nei rappresentanti di una istituzione che si era pericolosamente allontanata dal corpo centrale del suo credo.

Le sue famose visite pastorali avevano due obiettivi: mostrare la rettitudine di un alto rappresentante della Chiesa, proponendo un sano modello da imitare, e ispezionare, riordinare lo stato della gestione ecclesiastica delle comunità (beni e persone), per trarne elementi utili ai fini correttivo-educativi secondo le direttive tridentine. 

Nominato ‘Visitatore Generale e Speciale Apostolico’ da papa  Gregorio XIII, il 22 giugno 1566 il Borromeo indisse la visita pastorale da effettuare in tutte le parrocchie della sua vasta diocesi e si adoperò subito per la sua organizzazione. Essa iniziò il 14 settembre successivo.

Il fatto non piacque a tutte quelle figure istituzionali che avvertivano, attraverso l’autorevolezza di Carlo Borromeo, il rischio concreto della perdita dei propri privilegi. Autorevolezza che non derivava solo dalla discendenza nobiliare, dalla sua formazione culturale, dalla sua personalità e stile ma anche dall’imponente aspetto fisico. In un periodo storico dove l’altezza media degli uomini non superava il metro e sessanta, il Borromeo superava abbondantemente il metro e ottanta ed era dotato di corporatura robusta. Il quadro del Brescianino presente nella nostra chiesa parrocchiale rende bene l’idea di questa fisicità.

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Chiesa Parrocchiale di Osio Sopra: S. Carlo e S. Gerola-mo – dipinto olio su tela del Brescianino.

I contrasti si manifestarono subito e a diversi livelli: dalle autorità della Repubblica veneta ai governatori spagnoli e al Senato milanese sul versante laico mentre sul versante religioso la situazione si mostrò assai peggiore.

In Milano fu minacciato coi bastoni dai frati minori osservanti, aggredito con le spade dai canonici di S. Maria della Scala, minacciato dalle monache di S. Agostino, vilipeso da quelle di Lecco e colpito da una archibugiata alla schiena da un sicario appartenente all’ordine degli umiliati []. 

Il fatto avvenne la sera del 26 ottobre 1569 mentre era in preghiera nella sua cappella privata; a colpirlo fu Gerolamo Donato detto il Farina che aveva caricato l’archibugio con ‘palla e dadi di piombo’ ma che, al momento dell’esecuzione, ‘non fu di mano ferma’ e i paramenti indossati dal cardinale bloccarono la penetrazione dell’unico proiettile che lo aveva centrato. Carlo Borromeo non si arrese e tirò comunque dritto per la sua strada perseguendo tenacemente i suoi obbiettivi di riforma. 

Per la sua visita stilò per l’occasione un’apposita procedura esecutiva e fece preparare le ormai famose cartografie tematiche con la localizzazione delle parrocchie e degli edifici sacri esistenti sul territorio. In tutto il suo episcopato, il cardinale visitò personalmente almeno una volta tutte le parrocchie della città di Milano e della diocesi, mentre lo fece per 5 volte con quelle delle Tre Valli svizzere [].

Nella parrocchia di Osio Sopra vi giunse ben 2 volte: la prima il 26 settembre 1566 e la seconda il 27 luglio 1583 dove, secondo le cronache, consacrò il nuovo altare maggiore della chiesa principale (che non è l’attuale edificio). Carlo morirà poi l’anno successivo.

La visita pastorale si sviluppava in due fasi: una preparatoria, condotta dai delegati, e una esecutiva, condotta personalmente dal cardinale coi suoi assistenti. La fase preparatoria anticipava di due giorni circa l’evento principale e aveva lo scopo di informare e preparare i fedeli sotto il profilo religioso (confessione, comunione, preghiera, ecc.).

La seconda fase iniziava con l’arrivo del cardinale nella comunità dove vi celebrava una messa solenne nella quale teneva l’omelia, distribuiva la comunione e amministrava la cresima. Poi seguiva l’ispezione vera e propria al clero e agli edifici sacri. Durante la visita pastorale il Borromeo portava con se delle cassette contenenti delle schede che gli permettevano di acquisire informazioni anticipate sui sacerdoti e le istituzioni locali.

L’ispezione consisteva in un interrogatorio, che mirava all’esame della preparazione ‘professionale’, al controllo delle biblioteche personali e alla verifica dello stato di mantenimento dei registri e dei repertori che doveva possedere e tenere aggiornati sulla situazione delle parrocchie affidate. Sono proprio queste le fonti documentarie che compongono l’archivio parrocchiale di Osio Sopra, redatte da Antonio De Cristiani e Antonio Arrigoni e certamente ispezionate dal cardinale e dal suo staff nell’occasione delle visite fatte.

 

Dati demografici nelle registrazioni parrocchiali di Osio Sopra del periodo 1536-1600.

Il primo (e più antico) nucleo di registrazioni disponibili nell’archivio parrocchiale rendiconta sui battesimi (quindi nascite), sui  matrimoni e sullo stato delle anime. Il periodo temporale di rilevazione non coprì tutto il secolo ma iniziò sul finire del primo trentennio del ‘500 ad opera del De Cristiani.

Nell’anno 1566 cessarono le sue registrazioni, ed iniziarono quelle dell’Arrigoni che durarono fino al 1600, probabilmente per normale successione a causa della morte del primo.

Se prendiamo come riferimento i dati ricavabili dal censimento effettuato dal da Lezze, possiamo ragionevolmente immaginare per tutta la seconda parte del XVI secolo, una dimensione demografica della comunità osiense  fatta da una cinquantina di famiglie costituenti una popolazione racchiusa in un range stabile di 400-450 individui. 

Gli assembramenti abitativi sono ben descritti nel registro dello Stato delle anime dove le annotazioni fatte sono di tipo toponomastico e demografico. I modelli aggregativi prevalenti sembrano essere di tipo domestico semplice e multiplo; così ad esempio nel 1573, Francesco Brugali (figlio di Defendente), era il capo famiglia di un nucleo composto dalla moglie, dalla madre e da una figlia.

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Tav. 2 – Arc. Parrocchia di Osio Sopra: 1573, don Antonio Arrigoni, reg. Stato delle anime.

L’anno successivo, 1574, il nucleo famigliare rimane numericamente stabile, mentre sette anni dopo, nel 1581, aumenta di altre 3 unità: Defendente, Maddalena e Antonio (Tav. 3 e 4).

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Tav. 3 – Arc. Parrocchia di Osio Sopra: 1574, don Antonio Arrigoni, reg. Stato delle anime.

Tav. 4 – Arc. Parrocchia di Osio Sopra: 1.581, don Antonio Arrigoni, reg. Stato delle anime.

Le registrazioni delle età individuali non sono precise: l’età della mamma Maddalena, ad esempio, viene fissata sui 60 anni (probabile incertezza dovuta alla mancata registrazione del suo atto di battesimo), mentre quella della moglie Caterina retrocede e avanza. 

E’ probabile che il prete al momento della registrazione, che veniva effettuata sul posto, effettuasse valutazioni soggettive basate sul ricordo e sui caratteri antropometrici del censito. La registrazione fatta nell’anno 1597, due anni dopo il censimento del da Lezze, il nucleo famigliare di Francesco sembra subire una mutazione dovuta da una parte dalla morte della mamma Maddalena e della moglie Caterina, mentre dall’altra si assiste all’incorporazione di una coppia sposata -Antonio e Domenica Santinello-, probabili parenti stretti della defunta Caterina (Tav. 5).

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Tav. 5 – Arc. Parrocchia di Osio Sopra: 1597, don Antonio Arrigoni, reg. Stato delle anime.

 

Il nucleo dunque, nell’arco di 24 anni, passa da domestico semplice a multiplo. In questa registrazione, l’Arrigoni specifica che Francesco viveva ‘…nel stallo del pezzano’  della contrada ‘del S. Vito’  (Tav. 6), insieme ad altre famiglie che avevano una struttura simile alla sua e probabilmente dedite allo stesso tipo di attività. Il toponimo ‘pezzano’ presenta un richiamo alle ‘pezze di stoffa’ e da qui al mondo del tessile. Ricordando che all’epoca, per Osio Sopra, il da Lezze dava per fiorente la lavorazione del guado per cui si può supporre che in questa corte del paese, si effettuasse la preparazione del colorante che si estraeva dalla Isatis tintoria L.

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Tav. 6 – Arc. Parrocchia di Osio Sopra: 1597, don Antonio Arrigoni, reg. Stato delle anime.

 

Fluttuazioni delle nascite e dei matrimoni nelle registrazioni del periodo 1536-1600 in Osio Sopra.

L’insieme delle registrazioni effettuate nel Liber Baptizatorum, compongono il gruppo dei dati assimilabili agli odierni atti di nascita. Sebbene il battesimo, nella maggioranza dei casi, venisse impartito dopo alcuni giorni l’evento della nascita veniva comunque registrato correttamente.

Portando in grafico il numero dei battesimi (nascite) per l’estensione temporale del ‘500 [], si evidenziano due periodi: il primo, che va dal 1545 al 1565, caratterizzato da un basso valore di numero di nascite medio per anno, e il secondo, che va dal 1570 al 1600, caratterizzato da un aumento significativo di tale parametro (Tav. 7).

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Tav. 7 – ANDAMENTO DEL NUMERO DELLE NASCITE 
E DEI MATRIMONI IN OSIO SOPRA NEL XVI° SECOLO
Fonte: Archivio Parrocchiale di Osio Sopra - registrazioni a cura dei parroci Antonio de Cristiani e Antonio Arrigoni.

 

L’ordine di grandezza in gioco, passando da un periodo all’altro, è di circa 10 volte. 

Certo è sorprendente sia il basso valore del primo periodo (3,7 nascite/anno) che, per il verso opposto, quello del secondo (14,2 nascite/anno). Quest’ultimo sembra allinearsi con i dati deducibili dal censimento fatto dal da Lezze (1596), dove il numero medio di componenti  per famiglia (anime x foco),  era di 8 (2 genitori e 6 figli). 

Se si calcolano i rispettivi tassi di natalità basandosi sulle 440 anime censite nel 1596, si ottengono valori pari a circa 8 e 32 (attualmente, secondo i dati ISTAT del 2000, tale valore è a 14,2 su un nucleo di 4.015 abitanti).

Per quanto riguarda invece le registrazioni dei matrimoni esse partono alla fine degli anni ’60 del secolo e si mantengono sempre su toni numericamente piuttosto bassi: raramente superano i 5 matrimoni all’anno, mentre in altri addirittura non ve ne sono.


 

 

GB'58 (Luglio 2016)


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M. Firpo - op. cit.

Categoria: I documenti del passato
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