modididireghiI modi di dire sono la bellezza e il colore di ogni dialetto. Ve ne sono una infinità anche in bergamasco. Quelli che seguono non sono, ahimè, che una piccola parte di quelli che vengono utilizzati a Osio. Alcuni sono diffusi in tutta la provincia, altri in un ambito ristretto al paese, altri sono utilizzati solo all'interno di un parentado, riferiti magari ad episodi noti a quella ristrettissima cerchia di persone, ma non per questo meno interessanti.


G

Ga dà 'mpass ol föm di candéle. Gli dà fastidio il fumo delle candele. Si dice di qualcuno che va in chiesa malvolentieri o non ci va affatto.

Ga marènda i braghe 'n del cül. Le mutande, o i pantaloni gli stanno entrando fra le chiappe. Succedeva ai bambini e ai ragazzi intenti nei loro giochi.

Gh'à mangiàt i lìber la aca. Gli ha mangiato i libri la vacca. Si dice di persona che non ha nessuna istruzione. Questa era la fine dei libri di Gioppino secondo molti burattinai.

Gh'è de 'ndìghen. Bisogna approfondire la questione. Al gioco delle bocce, per esempio, bisogna misurare bene perché il punto non era così evidente.

Gh'è piö tép che éta. C'è più tempo che vita. Le cose non devono essere fatte di fretta, ogni cosa ha i suoi tempi.

Gh'è zelàt un àsen in piàssa. In piazza è congelato un asino. Si dice per prendere in giro qualcuno. Equivale a “volano gli asini” che si dice un po' ovunque.

Gh'ó tiràt zó la pèl del müs. Gli ho tolto la pelle dal muso. Si dice quando si racconta di aver rimproverato qualcuno energicamente.

Gioanì e Nössiàda. Letteralmente: Giovannino e Annunziata. Si dice di una coppia semplice, senza grandi pretese. Marito e moglie si bastano e si completano a vicenda.

Gna parlàn. Neanche a parlarne. Assolutamente sì o assolutamente no.

Gna per fèr rót. Proprio per niente. L' ga èntra gna' per fèr rót, non c'entra affatto, neanche per ferro rotto.

Gna per piötòst. Neanche per piuttosto: assolutamente no.

Gna söl pir gna söl póm. Né sul pero né sul melo, essere in bilico fra due scelte. Quando non si ha ancora preso una decisione.

 

I

I à res-ciada pó a' 'l Mantuì (e l'à ciapàt vint'agn). Mantuì, Mantovini, era un macellaio che, consapevolmente, alla fine del 1800, vendette carne avariata. Fu condannato a vent'anni di galera. Pare che al tribunale a giustificazione abbia detto semplicemente: “Pòta, l'ó res-ciada!”.

I fastöde del Màrtin Pécio. Prendersi fastidi per qualcosa che non ci riguarda. Ignoriamo chi possa essere il Màrtin Pécio, evidentemente si appoggia all'assonanza fonetica di "impiccio". Si tratta di un modo di dire usato a Osio e in tutta la bassa bergamasca.

I maléssie i và 'n costéssie. Se fai una malizia, imbrogli qualcuno, prima o poi ti si ritorcerà contro. Si ignora il significato letterale di costéssie ma il senso è questo. In italiano si dice anche “San Piero giudica il vero”.

I strùss i màia i nùs. Gli struzzi (più probabile che siano gli stronzi), mangiano le noci. Frase detta per scherno ma dal significato logico incomprensibile.

I sà e i macc. Letteralmente i sani e i matti. L'allocuzione sta ad indicare tutto quanto, senza distinzione. Ad esempio l' gh'à facc vèt i sà e i macc, gliene ha fatte vedere di tutti i colori.

Ìga adòss tàia. Essere bersagliati in continuazione. avere una taglia sopra la testa.

Ìga i grìi per ol có. Avere i grilli per la testa, essere distratti.

Ìga in öde. Avere in odio, non essere portati a fare una determinata cosa. Fare una cosa controvoglia, malvolentieri.

Ìga i öcc pò a' 'n del cül. Quando non ci si lascia scappare niente. Si dice di persona estremamente attenta o sospettosa. Avere gli occhi anche dietro, nel culo. 

Ìga 'l pà 'n véta. Avere di che mangiare per tutta la vita. Essere sistemati. Si diceva di quando qualcuno veniva assunto alla Dalmine o in un altro posto sicuro.

Ìga la canèta de éder. Avere la spina dorsale di vetro. Non avere voglia di piegarsi per lavorare.

Ìga öna camisa adòss e öna 'n fòss. Ìghen gna 'n dòss gna 'n fòss. I due modi di dire stanno ad indicare una estrema indigenza: avere solo due camicie, una addosso e una nel fosso a lavare.Peggio ancora non averne né addosso né nel fosso.

Ìghen gna ü che dìs du. Non avere un soldo che possa dirne due. Anche in questo caso si sta parlando di estrema povertà.

Ìgla 'n di pètole, èss in di pètole. Essere ridotti male, essere stati imbrogliati. Le pètole sono le chiappe, il pètol è lo sporco delle mutande.

Ìgla ucia. Non dover fare nessuna fatica, averla unta, nel senso di comoda.

In del cap di sich pèrghe. Essere alle solite, essere al punto di partenza. Letteralmente significa nel campo delle cinque pertiche, ed è sempre lì che si ritorna. Con sole cinque pertiche non si mantiene una famiglia. Il modo di dire fa sicuramente riferimento ad una storiella della quale però nessuno si ricorda più.

In d’ün àmen. In un attimo. In men che non si dica. Non si fa a tempo neanche a pronunciare àmen

In fin a mai. In abbondanza: ga n'è 'n fin a mai, ce n'è in grande abbondanza.

In nìsa löch, in nissü löch. In nessun luogo. Da nessuna parte.

In virga löch, in vergü löch. In qualche luogo. Da qualche parte.


Per visualizzare le altre parti dei "Modi di dire":

PARTE 1 (abc) - PARTE 2 (def) - PARTE 3 (ghi) - PARTE 4 (lmn) - PARTE 5 (opqrs) - PARTE 6 (tuvz)

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Tratto da "Osio Sopra, il patrimonio immateriale di una comunità" di Gianpietro Bacis pubblicato per la prima volta nel 2013

(Aprile 2016)