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Sono molti gli autori dialettali che, dai secoli scorsi fino ai nostri giorni, si sono cimentati con il dialetto bergamasco. La scrittura e la lettura del dialetto presentano delle difficoltà superiori a quelle dell'italiano in quanto il dialetto nasce per essere parlato, e la parlata tende a trasformare una lingua in qualcosa che sia molto più snello e veloce, senza preoccuparsi della eventuale forma scritta: questo capita con tutte le parlate che, utilizzando un inglesismo, vengono definite "slang".

 

A metà del 1600 Carlo Assonica  portò a termine un'opera colossale che lo vide impegnato nella traduzione in rima della "Gerusalemme liberata" di Torquato tasso. Nella prima metà del 1800 Pasino Locatelli effettuò la traduzione integrale in dialetto bergamasco del Vangelo secondo Matteo:

In dol medesem tép a i è 'ndacc apröf a Gesü i sò disepoi e i gh'à dicc: Chi èl mo ol piö grand in dol regno di siei? E Gesü, ciamat ü s'cet  a l'à metit in mez a lür e l'à dec: Mé de dighe in verità che se no v'converterì e no deenterì come s'cec , no 'ndarì miga in dol regno di siei.

Alla fine del 1800 iniziò la grande epopea di Ruggeri da Stabello e Antonio Tiraboschi, al quale si deve il primo abbozzo di una grammatica bergamasca, per poi proseguire nel 1900 con autori del calibro di Vittorio Mora, Carmelo Francia e tanti altri.

Oggi il dialetto viene scritto in una forma più moderna ma ugualmente ricca di sfumature, di accenti di non sempre facile interpretazione.

La guida che proponiamo, riassume le cinque regole fondamentali in grado di permettere a chiunque una agevole lettura dei testi in dialetto.

Leggi il documento: A lezione di dialetto

Seguono poi alcuni "aggiustamenti", fenomeni fonetici che ogni parlata, bergamasca compresa, adotta per evitare suoni sgradevoli o di difficile articolazione nel fluire veloce del discorso.


BGp (Marzo 2015)

 

Categoria: Dialetto
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