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La saggezza popolare si esprime attraverso i proverbi che ogni popolo conserva nel suo repertorio. In bergamasca i proverbi e i modi di dire sono numerosissimi e sopra uno zoccolo comune se ne innestano alcuni diffusi in un'area sempre più ristretta fino ad arrivare a proverbi e ai modi di dire noti solo in un determinato paese.

Osio Sopra non ha mai brillato per la finezza del suo linguaggio e i modi di dire, alcuni particolarmente coloriti, riflettono appieno questa caratteristica.

Abbiamo raccolto quelli che venivano usati nella nostra zona, con particolare riferimento ad Osio.

 

Lettere A-B-C

A dientà ècc, a s' diènta s-cècc. Quando si diventa vecchi si ritorna bambini.

A l' tira piö tant ü pél de pòta, che sènt sinquanta caài che tròta. Attira di più un pelo di ragazza, putta, che centocinquanta cavalli al trotto.

A l' val piö tant la lapa, che la sapa. Vale di più avere una buona parlantina che lavorare sodo.

A mangià l'órs, ol cül a l' sa rincórs. Quando si mangia l'orzo, il culo se ne accorge. Riferito al fatto che l'orzo favorisce l'aerofagia, rigonfiamento gassoso dell'addome con conseguente meteorismo.

A Nedàl ü pass de gal, a Pasquèta ün'urèta. A Natale la giornata si allunga di un passo di gallo: di poco, ma all'Epifania si è già allungata di un'oretta.

Amùr de fredèi, amùr de cortèi. Amore di fratelli, amore di coltelli (riferito alle beghe familiari in particolare nelle pratiche di successione).

Beàt chèl oselì nassit in catìe aque. Beato l'uccellino che nasce in cattive acque: la sua situazione potrà solo migliorare.

Bèl in fassa, bröt in piassa. Bello in fasce e brutto in piazza. Detto di qualcuno che era bello da bambino e si è imbruttito crescendo. Si dice spesso anche il contrario: “Bröt in fassa, bèl in piassa”.

Bu gna per ol rè, gna per la regina. Non abile per fare il soldato (per il re) e neanche buon amante (per la regina).

Chi gh'à nüssü antadùr, i sa anta de per lur. Quelli che non hanno nessuno che li vanta, si vantano da soli.

Cört de ésta, lóng de batésta. Corto di vista, ben dotato altrove.

 

Lettere D-E-F-G-H-I-L

De maià a l' maiòca, l'è a laurà che l' borbòta. Quando si tratta di mangiare mangia di buona lena, è a lavorare che borbotta.

Dio créa, Dio péra. Dio li crea e poi li accoppia. Si dice di persone che vanno d'accordo perché sono simili, di solito nella loro mediocrità.

Dòne pàssere e óche, i è tante ach a èss póche. Donne, passere e oche sono tante anche quando sono poche.

Fà come ta gh' n'ét vòia, che ta càmpet de piö. Fai come vuoi e vivrai di più.

Fà e desfà, l'è töt laorà. Fare e disfare è tutto lavoro.

Fin che gh' n'è, viva 'l rè. Fin che ce n'è, viva il re: non preoccupiamoci troppo prima del tempo.

I dòne balòsse i péla i póe sènsa fale usà. Le donne furbe spellano le galline senza farle gridare.

I sbàglia pò a' i précc a dì sö la mèssa. Sbagliano (poi) anche i preti a dire la messa: errare umanum est.

I surcc de Puntiröl, i ga sènt quando i völ. Detto di chi, per convenienza, fa finta di non sentire. Non crediamo che a Pontirolo siano più sordi che in altri paesi, probabilmente è solo una questione di rima e di assonanza.

La bóca l'è mìa straca, se nó la sènt de aca. La bocca non è stanca se non sa di mucca. Alla fine del pasto bisogna mangiare un pezzo di taleggio o di formaggio per raggiungere la sazietà.

La gata fressusa, l'à fàcc i micì òrb. La gatta frettolosa ha partorito micetti ciechi. Non bisogna avere fretta: ogni cosa deve avere i suoi tempi.

La pàia visì al föch, a la sa 'mprìa. La paglia vicino al fuoco si accende. Detto per avvertire di accostamenti che possono diventare pericolosi. Si dice quando un ragazzo e una ragazza si frequentano assiduamente.

L'è grand pò a' 'l campanél, ma i ga pìssa adòss töcc. E' grande (poi) anche il campanile ma tutti gli pisciano addosso. La questione non è essere grandi, di statura o altro, ma quella di farsi rispettare.

L'è mèi ün àsen viv, che ü dutùr mórt. E' meglio un asino vivo che un dottore morto. E' la dura legge della vita.

L'è mèi ün bèl indà, che sento 'ndèm. Meglio un bell'andare che cento: andiamo! Prima o poi bisogna decidersi.

 

Lettere M-N-O-P-Q-R

Mèi s-ciòpa pansa che ròba ansa. Meglio farsi scoppiare la pancia piuttosto che avanzare qualcosa da mangiare, approfittiamone finché è possibile.

Ògne ü 'l sò mestér. Bisogna lasciar fare ad ognuno il proprio mestiere.

Ol puchì a l' fà dïertì, ol tròp a l' istropèsa. Il poco fà divertire, il troppo ... è troppo.

Ol tép e 'l cöl, i fà com'a i völ. Il tempo (atmosferico) e il culo fanno quello che vogliono. Si dice quando non è possibile controllare un evento e inavvertitamente il protagonista va di aria.

Per capì a l' capéss, l'è a laorà che l' patéss. E' perfettamente in grado di capire ma soffre quando deve lavorare.

Per fà öna crus, ga öl du lègn. Per fare una croce ci vogliono due legni (nelle discordie le colpe stanno sempre un po' per parte).

Précc, mòneghe e frà, lëàga 'l capèl e lassài 'ndà. Preti, monache e frati, vanno salutati ma è meglio lasciarli andare per la loro strada.

Quando l' rìa de la montagna, tö sö la sapa e và 'n campagna. Se l' rìa de Lód, töcc i a gód. Quando arriva (il brutto tempo) dalla montagna, prendi la zappa e va in campagna (di sicuro non pioverà). Se arriva da Lodi (da Sud) tutti ne godono, pioverà in abbondanza.

Quando la mèrda la mónta 'n scagn, o che la spössa o che la fà dagn. Quando una persona di poco valore sale in cattedra, o puzza o fa danni.

Rassa bergamasca, fiàma de rar, sóta la sènder, brasca. La gente bergamasca s'infiamma di rado, sotto la cenere, brace. Questa celebre filastrocca è attribuita al poeta Giacinto Gambirasio (Seriate 1896-1971). Non si tratta di un proverbio popolare ma la sua popolarità giustifica la sua presenza in questa rassegna.

 

Lettere S-T-U-V-Z

Se l' piöv sö la Candelòra, de l'invèrno sémo fòra. Se piove il giorno della Candelora, il 2 Febbraio, siamo fuori dall'inverno.

Se la ìpera la ga sentèss, e la signòrbola la ga edèss, poca zét ga sarèss. Se la vipera ci sentisse e l'orbettino ci vedesse, poca gente ci sarebbe. La vipera pare sia sorda e che l'orbettino non ci veda, e per buona fortuna, altrimenti avvelenerebbero tutti. E' un modo di dire che la natura pensa a tutto e mantiene gli equilibri fra tutti gli esseri viventi della terra.

Sènto có, sènto crape. Cento teste, cento zucche. Có e crape sono sinonimi: ognuno la pensa a modo suo: in maniera diversa.

Söche e melù, a la sò stagiù. Zucche e meloni, alla loro stagione. Non tutto può essere fatto a qualsiasi età, bisogna lasciare fare ai giovani le cose dei giovani. e ai vecchi le cose dei vecchi.

Sólcc fà sólcc, miséria fà miséria. Con i soldi è più facile fare altri soldi. Chi è in miseria non può che sprofondare sempre più.

Tocàcc de Dio, tri pass in drio. E' meglio stare alla larga dalle persone che abbiamo malformazioni evidenti. Si tratta di un detto crudele già noto agli antichi romani.

Töghen a chi che piàns, e dàghen a chi che grégna.Togline (soldi) a quelli che piangono e danne a quelli che ridono. Non sempre quelli che piangono sono i più bisognosi.

Vià 'l gat, a l' bala 'l rat. Quando non c'è il gatto, è il topo che la fa da padrone.


A chiunque venissero in mente dei proverbi utilizzati a Osio o nei paesi limitrofi, ce li può segnalare utilizzanto il modulo "Contattaci" o scrivendo a Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo..  Grazie in anticipo per la collaborazione.


Tratto da "Osio Sopra, il patrimonio immateriale di una comunità" di Gianpietro Bacis pubblicato per la prima volta nel 2013

BGp (Febbraio-Aprile 2015)

Categoria: Dialetto
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