tn foto01Quando viaggiava a tutta velocità raggiungeva a malapena i 15 Km all’ora, ma solo se la sua corsa era in aperta campagna. Si trattava di un mezzo tramviario extraurbano entrato in funzione nel 1890; collegava Bergamo con Monza, e per questo era pure chiamato “Tram Monza”. Faceva una fermata anche a Osio Sopra, in fondo alla Via Drécia, dato che i binari correvano paralleli all’attuale Statale 525.


Era soprattutto conosciuto col nome di “Gamba de lègn”, perché così venivano identificati tutti quei convogli della rete extraurbana della Lombardia, normalmente composti da due o più carrozze di color verde e trainati da una locomotiva a vapore di fabbricazione tedesca.
Per l'epoca si trattava di un mezzo di trasporto tecnologicamente molto avanzato, se confrontato con i tram a cavalli fino ad allora usati, soprattutto nelle città, per il trasporto delle persone.

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Origine del nome

Il nomignolo Gamba de lègn è di origine incerta. Le attribuzioni di tale nome sono numerose, il più delle volte aneddotiche. La più simpatica è legata al fatto che al tempo, essendo il tragitto su sede mista – cioè non solo riservato al trenino ma anche agli altri mezzi di trasporto - il regolamento prevedeva che un “cantoniere” durante l’attraversamento di un abitato doveva precedere a piedi il tram munito di bandiera rossa e trombetta o un corno per segnalare l’eventuale pericolo. Un giorno un povero incaricato inciampò e cadde; a causa della scarsa visibilità per fitta nebbia fu travolto e perse una gamba. Gliela misero di legno, ma conservò il posto e l’incarico, tanto che continuò a precedere il treno e a suonare la sua trombetta, pur essendo claudicante. Dato il suo incedere lento e sgangherato, al suo serpeggiare e al cattivo stato della linea "accidentata" e in promiscuità con la strada, il popolino finì per attribuire il nomignolo “gamba de lègn” al trenino. Un’altra supposizione è legata invece al fatto che il nomignolo si riferisca al monotono suono “to-toc to-toc to-toc” del trenino che accompagnava il viaggio dei passeggeri, quasi fosse uno zoppo che camminava con una gamba di legno. Comunque il termine proviene dal dialetto milanese anche se adottato in tutta la regione per l’intero parco dei mezzi con locomotiva a vapore. Il nuovo mezzo di trasporto in realtà era stato ufficialmente denominato “Tramway” e dalla gente era pronunciato “tranvài”. Fino a poco tempo fa esisteva una espressione dialettale della bassa bergamasca:“a l'è pròpe ü tranvài” per definire una persona pasticciona o sconclusionata nei comportamenti.

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Le caratteristiche del trenino

La propulsione era a vapore, le locomotive utilizzate erano costituite da una “carrozzeria” che, per motivi di sicurezza, avvolgeva caldaia, apparato motore e tutti gli organi meccanici. I convogli erano composti da poche vetture. La cabina anteriore, con parete frontale verticale ad ampi finestrini per consentire al conducente un’ampia visibilità, ospitava il manovratore e il fuochista, cioè colui che con una pala immetteva nella caldaia il carbone al fine di far bollire un serbatoio di acqua che produceva il vapore necessario a far funzionare la macchina; il tetto della cabina era attraversato dal caratteristico camino. Le carrozze offrivano uno scarso confort ed avevano piattaforme di estremità, i cosiddetti “terrazzini”, con una chiusura costituita solo da un cancelletto manovrato a mano. Ma, soprattutto, le piattaforme erano aperte ed esponevano a tutte le intemperie coloro che vi si trattenevano. Dal fumaiolo usciva un gran fumo, misto a scorie di carbone bruciato, che entrava dai finestrini nelle carrozze e, oltre a rendere difficoltosa la respirazione, sporcava i passeggeri. I più facoltosi di loro, quindi, prima di salire su l tram, per proteggersi da questo fumo e dalla polvere si mettevano indosso un leggero e lungo soprabito chiamato “spolverino”.

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Il percorso

Milano e le località dell’hinterland vantavano già una sviluppata rete di tramway prima che si aprisse la linea Monza - Trezzo – Bergamo; ad esempio c’erano la Milano – Monza (dal 1877) e la Milano – Vaprio. La possibilità di collegare tali linee con Bergamo era tuttavia vincolata alla costruzione di un ponte sull'Adda presso Trezzo, ponte che fu completato solo nella seconda metà degli anni ottanta. Di conseguenza, l'11 novembre 1888 fu istituita la Società Anonima per la Tranvia Monza-Trezzo-Bergamo (MTB) la quale il 15 marzo dell'anno seguente presentò domanda ad entrambe le deputazioni provinciali competenti (Bergamo e Milano) per costruire ed avere in esercizio l'omonima tranvia che fu aperta il 1° luglio 1980. Il capolinea originario era posto nella cittadina brianzola in via Enrico da Monza; successivamente, nel 1892, fu riposizionato all'interno del piazzale della stazione ferroviaria di Monza per facilitare i collegamenti con Milano. La linea quindi proseguiva in sede promiscua lungo la provinciale Monza - Trezzo in direzione di Concorezzo dove esistevano linee di interconnessione con altre tratte.; a Trezzo varcava l'Adda rimanendo al centro del ponte a travate metalliche, costruito appositamente, giungendo a Capriate; a servizio di questo paese si dipartiva un raccordo diretto a Crespi d'Adda presso lo stabilimento. Inizialmente si trattava sia di un servizio merci sia da un servizio passeggeri, ma a partire dal 1908 quest'ultimo fu sospeso.

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Il tram proseguiva poi diretto a Brembate di Sotto lungo un percorso in sede promiscua. A Brembate la linea si riportava sulla sinistra ed attraversava il centro abitato percorrendo delle strade anguste e tortuose, scavalcando il Brembo su un ponte assai stretto; fatto che costringeva ad un’ulteriore riduzione della velocità di marcia. Presso la località Boltiere, la linea si immetteva riprendendo, si fa per dire, velocità lungo la provinciale Milano - Bergamo (poi Strada statale 525 del Brembo) in direzione del capoluogo orobico, percorrendola in sede promiscua a sinistra della stessa. In successione la tranvia affiancava Osio Sotto, Osio Sopra, Dalmine, Sforzatica, Lallio e Grumello. Presso Dalmine nel 1947 fu costruita una deviazione di un chilometro circa per accogliere i dipendenti dello stabilimento vicino alle portinerie: per l’occasione il poeta dialettale Luigi Gnecchi scrisse la poesia “Ol gamba de lègn l'à slongàt la gamba”. Dopo Grumello, il percorso della tranvia giungeva nel territorio del comune di Bergamo. Il tram percorreva via Moroni, in sede riservata (cioè solo per il tram), e via San Giorgio, per immettersi lungo via Paleocapa dove era posto il capolinea. La stazione capolinea era di fronte all’ex cinema Rubini ove sorge ora l’hotel Mercure.

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La lunghezza del tragitto era di 21, 7 Km da Monza a Trezzo e di 16 Km da Trezzo a Bergamo. Il regolamento ferroviario stabiliva che la velocità di massima fosse di 15 km/h in campagna, 10 km/h entro i confini dei centri abitati, 5 km/h in caso di nebbia, traffico o per motivi straordinari di ordine pubblico; come già accennato, in caso di attraversamento di centri urbani un cantoniere a piedi precedeva il tram e con bandiera rossa, trombetta –quando c’era buio o calava la nebbia, agitando anche una lanterna - e avvisava dell’imminente passaggio del convoglio; fungeva un po’ da vigile dando segnali di arresto o di via libera alle poche automobili, alle molte biciclette e alle persone a piedi. Lungo tutto il percorso in aperta campagna toccava al macchinista sporgere la testa ed anche il busto sui sue lati della vaporiere per verificare se vi fossero sui binari dei carri, animali o persone avvertendoli col suono di una sirena (talvolta persino con un campanaccio) del pericolo.

Osio Sopra, il Gamba de lègn ed altre curiosità

Il Gamba de lègn non era l’unico tram che percorreva la provincia, tuttavia era uno dei pochi con locomotiva a vapore. Il primo in assoluto fu il Treviglio – Lodi. Ognuno aveva un soprannome; ad esempio il Bergamo - Sarnico era denominato “il lobia” per il suo fumaiolo che era simile ad un lungo cappello a cilindro appunto chiamato “lobbia”; altri avevano i più generici appellativi di “sputafuoco” per le faville che uscivano dal fumaiolo e che di notte illuminavano il loro passaggio e, per lo stesso motivo, erano chiamati pure “caffettiera”.

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Numerosi sono gli aneddoti e le curiosità che riguardano le varie tramvie ed in particolare il Gamba de lègn; ricordarle serve più che altro a comprendere da un lato con quale entusiasmo fosse stata accolta all’epoca la novità e, dall’altro, i comportamenti della gente abituata a viaggiare con mezzi propri (carretto e cavallo in particolare) e quindi con poca dimestichezza con l’uso di mezzi pubblici; molti aneddoti poi sono riferiti ai vari inconvenienti che presentava la tecnologia, non solo agli albori del suo sviluppo ma pure a oltre mezzo secolo dalla sua introduzione, non avendo mai subito, almeno sulla linea Bergamo – Monza, grandi evoluzioni.
Del primo viaggio inaugurale del Gamba de lègn vi è ad esempio un resoconto “entusiasta” su “Notizie Patrie” (12 febbraio 1890):

“ … finalmente, dopo lunghi indugi e proroghe, è cominciato il funzionamento del tram Bergamo – Trezzo – Monza. La strada è di trentasette Km che si percorre in due ore circa. Comode ed eleganti le carrozze …”.

Un altro resoconto dell’epoca rammenta

“ … Sul percorso il gamba de legn sfruttava i lunghi rettifili della provinciale Bergamo - Milano al fianco della quale erano stati installati i binari. Una strada a suo tempo fatta oggetto di razionali cure dall’Imperial Regio Governo austriaco; era stata poi “adornata” per non pochi tratti di filari d’alberi “per il maggior comodo dei passeggeri” ed era stato scelto l’ippocastano – si legge in una relazione dell’epoca – perché è “quello che alligna bene nel nostro clima ed è inoltre una tra piante a vestirsi prima di foglie in primavera e tra le ultime a spogliarsene in autunno; e prende facilmente una bella forma”.

Particolare, almeno a leggerlo oggi, era anche il regolamento d’uso che dettava i principi di comportamento da tenere durante il viaggio; per puro esempio si riportano i più gustosi:

“vietato sputare in terra … è vietato ai bambini salire in piedi sui sedili … agli adulti è vietato allungare i loro calzari, anche in prima classe e in presenza di signore, sui sedili …”.

Per evitare una pericolosa abitudine, specie tra i giovani, comparve anche affisso sugli sportelli delle cabine un avviso:

“vietato salire e scendere dal treno in moto”.

I passeggeri si facevano beffe, pensando che era impossibile e stupido salire o scendere dal treno in motocicletta. Era successo che, per risparmiare le dimensioni del cartello d’avviso, era stata usata la parola “moto” invece di “movimento”.

All’inizio vi erano quattro corse giornaliere per Bergamo e quattro per Monza, salite poi, a pieno regime, ad 8 per ciascuna tratta; il costo del biglietto era di 75 centesimi in prima classe e di 45 centesimi in seconda; successivamente il prezzo del biglietto non venne regolato in base alle stazioni ma proporzionato ai Km di viaggio richiesti. Oltre al trasporto passeggeri la tramvia aveva anche il compito del recapito dei valori postali e dei telegrammi. Gli orari di partenza e di arrivo erano … elastici, dato che i contrattempi erano all’ordine del giorno. Infatti, nonostante il passare degli anni la novità del tram, salutata all’avvio come avvento della tecnologia del trasporto, non aveva registrato ulteriori progressi. Ne fanno fede alcune lettere di protesta inviate a L’Eco di Bergamo da parte dei viaggiatori e risalenti al 1948:

“… tutti i tetti delle vetture sono rovinati tanto che, quando piove, all’interno delle carrozze, si viaggia con l’ombrello aperto. E poi non è mai possibile che da Bergamo a Trezzo ci si impieghi un’ora buona?”;

e inoltre:

“ … molte volte succede che il convoglio si fermi in aperta campagna, forse a prendere fiato e vigore per le tappe successive. Altre volte succede che si debba cambiare la locomotiva – mulo troppo restia a mettersi in viaggio; a quel punto si attende l’arrivo della sostituta fra commenti mordaci dei viaggiatori …Non parliamo poi della massicciata e delle rotaie; si ha l’impressione che le ruote abbiano perduto le loro tradizionali e funzionali forme …”.

Un’altra protesta riguardava la lentezza del Gamba de lègn:

“ … ci si vede sorpassare da ciclisti dilettanti e rincorsi da ragazzini che si addestrano sulle biciclette. Ti sorpassano e li senti gridare: E’ in arrivo l’Orient Express”.

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Come accennato ad Osio Sopra, in fondo alla Via Drécia, vi era una fermata di servizio del tram posta, in direzione di Bergamo, sulla sinistra della provinciale. Non era una vera stazione, tuttavia era un privilegio, dato che tutti i paesi toccati dalla linea tranviaria si contendevano le fermate e non tutti l’ottenevano. Al tempo dal nostro paese si recavano abitualmente verso il capoluogo di provincia gli agricoltori (per l’acquisto delle sementi o degli attrezzi da) ed i commercianti per i rifornimenti di merci per i rispettivi esercizi. Se i carichi erano ingombranti, il mezzo di trasporto privilegiato era comunque il cavallo con carretto al traino. Diversamente, risultava più comodo il tram. Tuttavia, anche in questo caso, i passeggeri osiensi sfruttavano al massimo la possibilità di carico; giunti ad Osio erano sempre sicuri di trovare alla fermata dei ragazzi che, in cambio di piccola mancia (spesso in natura), li aiutavano a trasportare “ la roba” in paese.

All’inizio del secolo scorso e fino al periodo bellico, ad usufruire del tram per andare in città vi erano anche i pochi studenti frequentanti le Scuole (soprattutto di avviamento professionale) e i cittadini che dovevano recarsi per incombenze nei vari uffici; in caso di bel tempo non era raro però che il mezzo di trasporto sostitutivo preferito fosse ancora la bicicletta. Vi erano infine gli operai dei vari stabilimenti o cantieri che si trovavano lungo il percorso.

In direzione di Monza la maggior parte dei passeggeri era costituita dai pendolari (soprattutto edili) che si recavano a Milano o nell’hinterland, cambiando tram nelle varie stazioni di collegamento secondo le destinazioni da raggiungere; seppur raramente, il tram era utilizzato anche dalle ragazze che si recavano a “servizio” presso famiglie milanesi.

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Dagli Osiesi che ebbero occasione di viaggiare sul Gamba de lègn, specie negli ultimi anni della sua esistenza, si hanno racconti anche spassosi. La velocità ridotta in diversi tratti, invitava i più giovani talvolta a saltare dalle piattaforme di coda, così tanto per sgranchirsi le gambe e superare la noia indotta dal lento procedere; poi, con una leggera rincorsa, riuscivano a risalire in vettura. Scarseggiando spesso il carbone (specie negli anni di guerra e successivi) che serviva ad alimentare la caldaia a vapore, capitava che il treno dovesse fermarsi per fornirsi di qualsiasi materiale adatto ad essere bruciato. Ne facevano le spese i covoni di gambi di granoturco (cöe de melgàss), rami di robinie, di gelso (murù), arbusti secchi e quant’altro reperito ai bordi della strada che fiancheggiava i binari . Ne usciva dal comignolo un tal fumo acre e denso da sembrare nebbia anche in piena estate.

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Allorquando il carico di passeggeri era sovrabbondante o vi era scarsità di potenza a causa della carenza di carbone ed il tram doveva percorrere tratti anche corti in leggera salita, i passeggeri erano costretti a scendere e, per non perdere troppo tempo, aiutavano a spingere il convoglio.

Anche sulla breve tratta che costeggiava Osio Sopra furono diversi gli incidenti; i contadini che col loro carretto provenivano dai campi sul versante da Levate erano costretti ad attraversare la provinciale e le rotaie del tram. La sera, stanchi, si addormentavano alla guida, dato che il cavallo conosceva la strada del ritorno; purtroppo l’animale non era ben istruito sulle precedenze e all’arrivo del tram succedeva talvolta qualche tamponamento, per fortuna non grave data la velocità di crociera; di conseguenza, anche il Santuario della Madonna della Scopa si era arricchito di ex-voto.

Infine, un’annotazione storica: durante la II guerra mondiale Milano fu soggetta a numerosi bombardamenti e furono diversi gli sfollati che fuggirono dalla città. Il Gamba de lègn fu l’unico mezzo di trasporto pubblico in grado di funzionare anche durante il periodo dei bombardamenti perché non alimentato a corrente e fu impiegato per lo sfollamento della cittadinanza. Con detto tram giunsero anche ad Osio Sopra alcune famiglie, ospitate da conoscenti.

 

Epilogo

Nei primi decenni del 1900 su molte linee attorno a Milano furono sostituite le locomotive a vapore con automotrici ad accumulatori elettrici (grosse batterie) che eliminavano l’uso del carbone, l’emissione del fastidioso fumo e permettendo velocità più elevate, con lo svantaggio tuttavia di avere meno potenza e, quindi, la necessità di riduzione delle carrozze trainate. Inoltre sul tragitto erano indispensabili delle stazioni di ricarica per gli accumulatori. All’inizio degli anni ’30 anche la tratta Monza – Trezzo disponeva di automotrici ad accumulatori, pur mantenendo in funzione le locomotive a vapore per il traino di più carrozze nelle ore di maggior affollamento o per i carri merci.

Sulla linea Capriate – Bergamo le automotrici non entrarono mai in funzione perché non erano disponibili le stazioni di ricarica. In tempo di guerra e nell’immediato periodo postbellico, a causa di carenza di elettricità, il tram a vapore tornò in piena auge ovunque. Venne comunque l’ora della pensione. L’entrata in vigore di servizi di linea con bus molto più comodi e veloci rappresentò una concorrenza insostenibile per il vecchio treno a vapore. Mentre la tratta Trezzo – Monza resistette sino al 1958, l’ultima scia di fumo nero nei cieli della nostra pianura il buon Gamba de lègn la lasciò, per cessato servizio, nel 1953.

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A mo’ di epitaffio, L’eco di Bergamo il primo febbraio 1953 riportò il seguente resoconto:

“Il vecchio tram Bergamo – Monza si è avviato, zoppicando sulla sua colossale gruccia di legno, verso un misterioso cimitero dove si ammucchiano le ossa (bielle, freni e stantuffi …)di tutte le venerande Gambe dé lègn messe a riposo per raggiunti (anzi, superatissimi) limiti d’età.

Ei fu, dunque.

Un caro amico, anche se vecchio e bizzoso. E come sempre accade per i vecchi amici bizzosi, se ne glorificano i meriti e si seppelliscono i molti difetti con una generosa manciata d’oblio. La mesta cerimonia d’addio è avvenuta ieri sera, 31 gennaio 1953, alle ore 22,48 in quel fumoso hangar della stazione di via Paleocapa che per tanti anni è stata la sua reggia. Da sessant’anni il Gamba de lègn cadenzava il suo tonfo sul tratto Bergamo – Monza. Sessant’anni indubbiamente densi di eventi, crucci e gioie a palate; milioni di battute della gran commedia della vita sono state scandite tra le quinte di questo teatro viaggiante; milioni di operai, studenti, commessi viaggiatori hanno ordito tra le mobili pareti qualche centimetro della loro vita. Malattie e cure si sono avvicendate sul corpo di questo tram che aveva varcato da un pezzo il mezzo secolo. Sulle prime fu un ansimante tram a vapore; volle poi seguire la moda e si munì, di conseguenza, di accumulatori (nel 1933 per la storia).

La guerra e le ben note restrizioni di energia elettrica gli tagliarono i viveri e tornò pertanto agli antichi sbuffi a vapore; carbone e anche lignite, quella stopposa lignite che gli arrecavano disturbi alla circolazione da costringerlo sovente a fermarsi per decongestionarsi e riprender fiato a metà strada. Poi ancora un brivido di corrente elettrica. L’ultimo dopo sessant’anni. Sessant’anni con una frequenza di 16 corse al giorno, moltiplicate per settecentoventi mesi, ammontano a ben 345600 corse. La sua razione giornaliera era di 640 Km al giorno che alla fine furono come somma ben 14.4000.000 Km.

Non c’è dunque da stupirsi se il nostro Gamba de lègn se ne è andato in pensione. Meritatissima”. Già due settimane prima, il 14 gennaio 1953 L’Eco di Bergamo aveva anticipato così il congedo: “Un saluto e lo merita, cordiale e sincero,per la lunghissima fedeltà di servizio che lo ha portato all’onore di essere l’ultimo tram a binari a vapore a concedersi un meritatissimo riposo. Questo vecchio, sgangherato tram si trascina con sé una gran parte della storia orobico – milanese dell’ultimo mezzo secolo. Lascia un po’ di nostalgia dietro di sé, bisogna riconoscerlo”.


A ricordare il mitico Gamba de lègn sono stati scritti libri e addirittura costituito un museo a Settimo Milanese. Anche il Museo della Scienza e della Tecnica di Milano ha una sala dedicata con una delle prime locomotive del mitico treno.

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Note:

  1. Le fotografie a corredo dell’articolo son tratte in parte da siti internet di paesi attraversati dal mitico treno che hanno provveduto a storicizzare e documentare l’avvenimento. Le foto 6, 7, 8, 10, 11 e 18 sono da Storylab; le foto 14, 15 e 16 sono dell’archivio di MicroOsio.
  2. Alcune notizie e curiosità riportate sono contenute nel libro: “Il Novecento a Bergamo: cronache di un secolo” a cura di Pilade Frattini e Renato Ravanelli”

V.F. (Novembre 2015)