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Giuseppe Invernici, presidente dei Combattenti e Reduci di Osio Sopra per tanti anni, rivolgeva questo discorso ai ragazzi della scuola nel 1990.

La passione che traspare dalle sue parole, insieme alla convinzione profonda che la guerra debba essere evitata a qualsiasi costo, rappresentano l'eredità che questo "nonno" intendeva lasciare ai giovanissimi ragazzi della scuola.

Non manca l'invito a dare sempre il meglio di se stessi e a non lasciarsi tentare dalla convinzione che la guerra possa, in qualche modo, risolvere le controversie del mondo (Art. 11 della Costituzione).


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Riportiamo per esteso il suo discorso.

Vorrei rivolgermi a tutti ma in particolare ai numerosi scolari presenti qui oggi a ricordare il sacrificio delle tante persone di Osio che sono state in guerra e che purtroppo non sono più tornate. Ora voi siete piccoli e non potete comprendere. Per quando sarete chiamati a contribuire da cittadini, con il vostro impegno civile, al buon governo dell’Italia innanzitutto, ma anche dell’Europa e del mondo intero, mi viene spontaneo darvi un consiglio: siate democraticamente saggi e non lasciatevi tentare mai da avventure di guerra. Voi non potete immaginare cosa significhi una guerra. Solo coloro che l’hanno provata possono saperlo, anche se risulta difficile spiegarla.

Io personalmente, e come me tante persone di Osio, ho vissuto la guerra del 1940-1945 al fronte sui campi di battaglia, da combattente, da soldato. Tutta la popolazione di Osio, anche se non ha provato in quel modo la guerra, l’ha però vissuta nella paura, nel pericolo nella miseria, nel dolore di sapere i propri figli al fronte senza notizie.

Nel dramma del bombardamento della Dalmine ben 10 persone di Osio sono rimaste vittime e fra esse c’era un giovane operaio di soli 18 anni.

Ricordatevi che la guerra non è pensata e voluta dal cittadino onesto e responsabile, è voluta da politici e uomini di potere che però non si espongono personalmente ma continuano a vivere la loro bella vita. E’ la popolazione che deve subire le rovine, le distruzioni, i lutti e le mamme che piangono i loro figli al fronte.

Da ex combattente, da cittadino, ma soprattutto da nonno, vi prego di essere rispettosi verso le istituzioni sociali, verso coloro che vi insegnano, non lasciatevi mai influenzare da propagande eversive. Siate cittadini modello, amanti della libertà, della democrazia e della pace.

Preparatevi a questo facendo ora il vostro meglio, come figli e scolari, rispettando i vostri genitori e i vostri insegnanti, aiutando chi vi sta vicino, credendo e vivendo nella solidarietà nella fratellanza e nella vicinanza di chi vive con voi i momenti della vostra giornata.


Non sono parole di circostanza quelle di Giuseppe Invernici; egli la guerra sa bene cosa sia e cosa comporti. Da ragazzo l’ha più volte sentita narrare da suo padre Adamo che, al fronte, ha combattuto sull’altopiano di Bainsizza la sanguinosa undicesima battaglia dell’Isonzo durante la 1^ guerra mondiale; in seguito, nel fiore della sua giovinezza, l’ha provata sulla sua pelle.

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Classe 1921, Giuseppe – per gli amici Peppino e, perché figlio di Adamo (Damo), soprannominato “Damì” – è chiamato alle armi nel 1939 all’età di soli 18 anni. Le avvisaglie dell’entrata dell’Italia nella 2^ guerra mondiale sono ancora vaghe ma è aperto il fronte delle colonie italiane in Africa. Per questo è inviato a Palermo dove è presente il contingente dei Genieri pronto, per l’emergenza, a partire per il fronte africano. Peppino così narra il suo primo impatto: “Sono partito con la tradotta, 48 ore per giungere a destinazione io che fino ad allora non avevo preso altri mezzi che ‘ol Gamba de Lègn (Tram Monza, da Monza a Bergamo, passava sulla statale). E mio padre e mia madre quante raccomandazioni! Nel borsino potevo contare un po’ di sudati risparmi di famiglia; come viatico prezioso avevo l’immaginetta della Madonna della Scopa e una preghiera di mio zio Padre Demetrio…”. Dopo l’addestramento a Palermo, Peppino è spostato sulle coste sud orientali dell’Isola in attesa di salpare per l’Africa.
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L’Italia il 10 giugno 1940 entra ufficialmente in guerra mentre il fronte africano è ad una svolta cruciale. I contingenti italiani sono bloccati sulla terra ferma perché gli inglesi cominciano a dominare il mare e diverse unità navali che tentano di salpare sono regolarmente silurate. Dopo oltre un anno di incertezze Peppino deve affrontare la parte più dura della guerra. Il 10 luglio 1943 gli alleati Inglesi e Americani invadono la Sicilia. La battaglia di resistenza italo/tedesca (oltre 170.000 italiani e 30.000 tedeschi) porta a tantissime vittime. La guerra si estende a tutta l’isola. Su una fotografia che ha nel portafogli Peppino scrive: “10 agosto 1943 - la battaglia infuria, non ci resta che un angolo della Sicilia! Sono abbandonato alla mia triste sorte. Chissà se rivedrò le mie care sorelline?”.
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Con la resa incondizionata dell’Italia e l’armistizio dell’8 settembre 1943 l’esercito italiano è allo sbando: c’è chi diserta, chi continua a combattere con i tedeschi e chi è fatto prigioniero dagli alleati Americani e Inglesi. Peppino è catturato dagli Americani del generale Patton e va a far parte dell’esercito cobelligerante italiano a fianco degli Alleati per la liberazione dell’Italia. Alla fine del 1943 passa direttamente sotto il comando anglo americano.

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Con le truppe alleate e con il grado di sergente risale l’Italia e partecipa a tutte le cruente battaglie contro l’armata tedesca da Salerno a Napoli, da Roma a Montecassino fino allo sfondamento della linea gotica. Con l’esercito alleato il 25 aprile 1945 entra in Torino liberata. Per il servizio prestato come soldato italiano riceve dal generale americano Kelly un encomio solenne. Finalmente una sera del maggio successivo a Osio Sopra mamma Rachele e papà Adamo prorompono in un grido di gioia “l’è turnàt ol Pepino!”; sono due anni che di lui non hanno notizie e la festa è grande. Ma per lui il servizio militare non è finito. Gli tocca in sorte di dover far parte del nuovo costituendo esercito italiano post bellico e rientra subito a Torino dove conclude la ferma solo nella primavera del 1946.

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Da quando è stato chiamato alle armi sono passati quasi sette anni, la sua intera giovinezza. Successivamente nel 1953 – già sposato e con una figlia - per un mese viene richiamato in servizio alla Cecchignola, come riservista, per un corso di aggiornamento su armi e mezzi tecnici della Nato.
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Dalla dura e tragica esperienza della guerra Peppino trae insegnamenti che applica per tutta la sua vita. Rientrato dal servizio militare, non trovando lavoro emigra per due anni in Belgio. Anche qui prova sulla sua pelle cosa significhi essere considerato straniero e per di più cittadino di un paese che ha perso la guerra. Tornato in patria è assunto dalla “Dalmine” dove lavora fino al momento della pensione. Il suo impegno in campo professionale lo porta ad ottenere il “Premio di fedeltà al lavoro e al progresso economico – medaglia d’oro”.

Tuttavia, non dimenticando quanti lutti e sofferenze crea una guerra, Peppino dedica tutto il suo tempo libero come volontario ad attività assistenziali per i superstiti, le vedove e i figli dei caduti nei conflitti bellici. Dal 1955 al 1963 è Segretario e dal 1963 fino alla sua morte (1999) è Presidente della Sezione Combattenti e Reduci di Osio Sopra.

Significative sono le motivazioni che sottostanno al conferimento a Peppino dell’onorificenza di “Cavaliere della Repubblica” attribuitogli dal Presidente della Repubblica Cossiga il 2 giugno 1989:

“… da Presidente della Sezione Combattenti e Reduci si Osio Sopra per 15 anni, non solo nel comune di residenza, ma anche in parecchi comuni circostanti, ha seguito le pratiche pensionistiche di centinaia di mutilati ed invalidi di guerra, di ex combattenti, delle vedove e degli orfani dei combattenti deceduti, sia presso i distretti militari di Monza e Brescia che presso l’ospedale militare di Baggio, gli Enti Previdenziali (INPS e INAIL), la Prefettura e gli Archivi di Stato. I numerosi viaggi il sig. Invernici li ha sostenuti con la sua autovettura personale e a proprie spese. Il suo impegno gli ha procurato la riconoscenza degli assistiti, dei dirigenti della Federazione Combattenti e Reduci e dell’Associazione Mutilati ed Invalidi di Bergamo e di altre Associazioni Patriottiche. Egli è inoltre valido promotore ed organizzatore di manifestazioni patriottiche. In base a tali motivazioni è proposto con pieno merito per il conferimento dell’onorificenza di Cavaliere Ufficiale al merito della Repubblica Italiana”.

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Già l’anno prima in data 8 aprile 1988, Peppino ottiene una altro significativo riconoscimento. Ad attribuirlo è l’Ambasciatore di Francia, nonché Presidente della Confederazione Europea degli ex Combattenti, Jacques Kosciusko Morizet:

La Confederation Europeenne des Anciens Combattants – Conseil de la Croix du Combattant de l’Europe – La Croix du Combattant de l’Europe est conférée à Mr. Serg. Invernici Giuseppe di Osio Sopra en témoignage de ses titres d’Ancient Combattant et de sa volonté de servir la cause de l’Union de l’Europe dans la Fraternité, la Paix et la Liberté”.

(traduz.: La Confederazione Europea degli ex Combattenti – Consiglio della Croce del Combattente dell’Europa – La Croce del Combattente dell’Europa è conferita al Sig. Sergente Invernici Giuseppe di Osio Sopra a testimonianza dei suoi titoli di ex Combattente e della sua volontà di servire la causa dell’Unione Europea nella Fraternità, la Pace e la Libertà).

fotoH1 Rileggendo ora il discorso rivolto da Giuseppe Invernici ai ragazzi della scuola nel 1990 si può veramente capire il significato profondo delle sue parole.

Per lui

Libertà, Democrazia, Pace, Solidarietà e Fratellanza

hanno in sé il valore del suo senso civico ed il peso del suo impegno sociale. Le numerose commemorazioni del 25 aprile e del 4 novembre da lui organizzate hanno sempre rifiutato il significato di un raduno di nostalgici. Una volta Peppino in un suo discorso celebrativo del 25 aprile, narrando il momento dell’invasione americana in Sicilia, riportò una frase molto forte e che l’aveva particolarmente colpito; essa era tratta da un volantino antifascista dell’epoca; egli la pronunciò rimarcando le singole parole affinchè diventasse un richiamo per tutti ad essere cittadini consapevoli delle proprie scelte:

Nessuno ti ha chiesto se volevi questa guerra, ma ti hanno mandato a morire.
Ti hanno detto: CREDERE, OBBEDIRE, COMBATTERE.
Perché? Per chi? Per che cosa? Per quanto?


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V.F. (Maggio 2015)

 

Categoria: Riflessioni
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