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Ancor oggi S. Lucia conserva un fascino unico anche per gli adulti, perché è un tuffo nella dimensione del sogno, dello stupore e della memoria, sulle tracce di emozioni antiche, ma sempre nuove e per questo, almeno da noi, la tradizione resiste di generazione in generazione. Infatti a S. Lucia, rispetto alle altre Feste, i genitori possono far rivivere ai loro figli piccoli il momento magico da loro provato da bambini, in un’atmosfera di mistero per chi portava loro i doni inaspettati - che ricevevano solo una volta all’anno – accompagnati da un’ansia elettrizzante per sapere il giudizio di S. Lucia, in base a quanto trovavano il mattino sul tavolo della cucina, se erano stati buoni o cattivi.


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Per questo evento, che crea una particolare atmosfera che coinvolge bambini e genitori, MicroOsio ha preparato un ampio dossier per far conoscere come è nata questa bella tradizione così presente nella nostra provincia ma pure in molte altre parti d’Italia e nel mondo. E’ un dossier che si può leggere tutto d’un fiato o un poco per volta, dato che la trattazione, supportata da un misto di dati storici e di leggende, pone attenzione alla figura di S. Lucia, ai suoi “patronati”, al perché porta i doni ai bambini. All’interno dell’articolo si trovano inoltre numerose “curiosità” riguardanti il modo di vivere questa festa non solo oggi ma pure nel passato; esse rivelano quanto la Santa sia conosciuta e celebrata.

 

La figura di S. Lucia

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Attorno alla figura di S. Lucia vi sono storie e leggende che difficilmente si trovano per altri santi. E’ quindi arduo distinguere, nella tradizione orale e nelle pratiche devozionali che ne sono derivate, ciò che è documentato da ciò che è frutto di un immaginario collettivo. La narrazione più ricorrente, tra un misto appunto di storia e leggenda, riporta che S. Lucia nata all’incirca nel 280 d.C. a Siracusa, fosse figlia di una ricca famiglia.

Orfana di padre alla tenera età di cinque anni, crebbe con la madre Eutichia. Venne educata secondo i principi della religione cristiana, nonostante all'epoca fosse molto pericoloso. La sua bellezza era ammirata da tutti e la madre Eutichia non desiderava che uno sposo degno per sua figlia. Lucia però aveva un solo ed unico interesse: consacrare la propria vita al Signore. La madre si ammalò di un flusso sanguigno incurabile e Lucia andò a pregare sulla tomba della martire Agata, a Catania. La Santa le apparve in sogno dicendole che la madre sarebbe miracolosamente guarita; in cambio chiese alla giovane di dedicare la sua vita alla gente sofferente.

tn foto04Lucia tornò a Siracusa e, con una lampada fissata sul capo, percorse gli angusti cunicoli delle catacombe per distribuire ai bisognosi il denaro ricavato dalla vendita della sua ricca dote. Un giorno un giovane pagano s'invaghì di lei e le fece una proposta di matrimonio che Lucia rifiutò per mantenere la promessa fatta alla Santa. Il ragazzo, offeso, denunciò la ragazza di essere cristiana all'arconte (governatore) Pascasio.

Al tempo, sotto l’impero di Diocleziano, i cristiani venivano duramente perseguitati e Lucia arrestata, minacciata e torturata, non rinnegò mai la sua religione. Sacrificando agli dei sarebbe stata graziata, ma ella rifiutò. Pascasio la punì condannando la vergine Lucia ad essere portata in un postribolo. Il suo intento fallì perché il gracile corpo della giovane si immobilizzò tanto che nessun mago, sacerdote e persino una coppia di buoi, riuscirono a smuoverla.

Pascasio ordinò quindi di costruire un rogo e di bruciarla sul posto come una strega; le fiamme non riuscirono tuttavia ad intaccare né le sue vesti né il suo corpo. Il martirio doveva però compiersi e Lucia, su suggerimento dei sostenitori di Pascasio, non mostrando alcuna resistenza morì colpita alla gola dal pugnale di un soldato, un’esecuzione riservata ai soli nobili. Era il 13 dicembre 304. 

 

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Dato che molti quadri e immagini mostrano S. Lucia con in mano un piattino su cui sono posati i suoi occhi, una leggenda un poco truculenta racconta che, al processo, il giudice domandò alla Santa il motivo del suo comportamento: perché rinunciare alle cose terrene, perché rifiutare la proposta del giovane? Lucia rispose con una domanda: "Ma infine, che trova di bello in me quell'uomo?". Il giudice: "Egli è stato colpito dalla luce dei tuoi occhi splendenti". Lucia, per tutta risposta, si tolse gli occhi con le proprie mani senza mostrare dolore, li pose su un piatto e disse: "Va e portali a colui che li ama tanto".

S. Lucia fu sepolta nelle catacombe di Siracusa, le più estese al mondo dopo quelle di Roma, dove è stata ritrovata un'epigrafe marmorea del IV secolo che risulta essere la testimonianza più antica del culto di Lucia. Una devozione questa diffusasi molto rapidamente: già nel 384 sant'Orso le dedicava una chiesa a Ravenna, papa Onorio I poco dopo un'altra a Roma.

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Nell'anno 878 Siracusa fu invasa dai Saraceni per cui i cittadini tolsero il corpo di Lucia dalle catacombe e lo nascosero in un luogo segreto per sottrarlo alla furia degli invasori. Non si sa esattamente come, ma all’inizio dell’anno 1000 le spoglie di S. Lucia furono ritrovate a Costantinopoli. Dopo la quarta crociata che terminò con la conquista di Costantinopoli, il doge Enrico Dandolo trasferì la salma della Santa a Venezia, dove pare sia giunta il 18 gennaio 1205, e ivi tumulata nella chiesa di S. Giorgio. Da quel momento in poi si susseguirono vari spostamenti sempre in Venezia (anche a seguito di diatribe da parte di ordini religiosi che ne contendevano le spoglie) fino a giungere ad una chiesa a lei dedicata. Nel 1813, sotto il dominio degli austriaci, la chiesa fu abbattuta per la costruzione sul posto della stazione ferroviaria di Venezia, che ancor oggi porta il nome di S. Lucia. La salma fu quindi trasferita nella chiesa di S. Geremia dove tuttora si trova.

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Il significato del nome Lucia e i “patronati” della Santa

Come per la vita della Santa, anche sulla derivazione del suo nome “Lucia” vi sono versioni e ricostruzioni un poco contrastanti. La più accreditata è che Lucia derivi dal latino “lux” che sta per “luce”. La variante maschile di Lucia è Lucio (Lucius latino), un prenome assai diffuso in epoca latina, derivato anch’esso da “lux”, a cui è abbinato il significato di “luminoso, splendente”. Tradizione antica indicherebbe che si chiamassero così i bambini nati alle prime luci dell'alba o in giornate luminose e che il significato volesse intendere “nato alle prime luci dell’alba” ovvero “nato all’apparire della luce” (cfr. vocabolario italiano Accademia della Crusca)

Diversi sono i patronati attribuiti a S. Lucia; ella è indicata soprattutto come protettrice della vista, dato che il suo nome significa appunto “luce” (senza aver nulla a che fare con la menzionata leggenda relativa alle icone in cui appare con gli occhi su un piattino e che risalgono solo al termine del XV secolo). E la "luce” degli occhi, cioè di "vegliare per la loro vista", è quello che molti fedeli chiedono alla Santa quando il 13 dicembre si recano nelle chiese a lei dedicate; così come in alcune parti d’Italia è consuetudine, appena svegli la mattina del 13 dicembre, sciacquarsi gli occhi perché porta bene alla vista.

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Alcuni studiosi sostengono che il patronato sia nato perché il culto della Santa iniziò sull'isola di Ortigia, la zona greca più antica di Siracusa, dove esisteva un tempio in onore della dea Artemide che i Greci ritenevano "la dea della luce" e simboleggiata dalla LUNA; altri sono più propensi ad un’interpretazione religiosa: la considerano la Santa della luce perchè rassicura le persone e le tiene lontane dalle tenebre, simbolo del male, evitando che queste prevalgano sulla verità cristiana, vera luce. 

In alcune zone sia in Italia che in Europa Santa Lucia fa concorrenza a … S. Valentino, dato che è considerata patrona dei fidanzati (dell’Amore Vero, quello difficile, che deve superare un sacco di prove, in riferimento alla sua vicenda del rifiuto del fidanzato pagano). Ci sono a proposito del patronato dei fidanzati delle curiose tradizioni. Ad esempio in Veneto vi è la filastrocca: “l’è rivàda Santa Lùssia/ i morosi i se dà al saco (si nascondono)/ per no pagarghe (alla morosa) el mandolàto (torrone)”; si riferisce a un’usanza che imponeva ai fidanzati di acquistarne alle varie fiere dedicate alla Santa grande copia di torrone da donare alle proprie amate.

A Forlì erano le castagne i doni amorosi a S. Lucia e dovevano essere così tante da rimpinzare anche la famiglia di lei e di avanzarne abbondantemente; se così non fosse stato, il futuro sposo sarebbe stato tacciato di tirchieria e accusato di amare poco la sua ragazza. Sempre a Forlì poiché la “notte di S.Lucia è la più lunga che ci sia”, le fanciulle forlivesi – seguendo il proverbio “Per Santa Lòzia un cul d’gocia (una cruna d’ago)" - la passavano a cucire la camicia che avrebbero indossato la prima notte di nozze. In Sardegna soprattutto nella regione della Mermilla (zona centro meridionale della Sardegna, selvaggia e rude) alla Santa si raccomandavano le figlie femmine non sposate al fine di trovare un marito serio e onesto.

Fuori dai confini d’Italia una tradizione si trovava fino a poco tempo fa in Croazia; nel giorno di S. Lucia le ragazze erano solite scrivere i nomi di 11 ragazzi su pezzettini di carta, lasciandone uno vuoto. Ogni giorno successivo sceglievano poi un pezzo di carta (senza vedere il nome scritto) e lo bruciavano. Si credeva che il nome ultimo rimasto fosse il nome del ragazzo da sposare l’anno successivo. E se l’ultimo pezzo di carta fosse stato quello senza nome, il significato era che l’anno seguente non si sarebbero sposate.

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Vi sono poi delle superstizioni legate al giorno di S. Lucia, in particolare ancor oggi in Campania, dove un antico detto afferma: “A Santa Lucia e Sant’Aniello (Santo del giorno 14 dicembre, ndr) nè forbice nè coltello”.

Le donne incinte in questi giorni dovranno tenersi alla larga da oggetti taglienti poichè, secondo il detto, il bimbo che portano in grembo potrebbe nascere senza un arto. Curioso è il fatto che questa superstizione all’inizio del secolo scorso fosse presente con tratti in parte simili anche in bergamasca e precisamente ad Ambriola, una frazione di Zogno. Il giorno di S. Lucia le donne non usavano l'ago per cucire e per rammendare e gli uomini non lavoravano nelle segherie perché credevano di andare incontro a dei pericoli e temevano di diventare ciechi. Il tutto legato ad un fatto successo proprio la notte del 12 dicembre in una segheria del posto: mentre un operaio stava lavorando un incendio aveva avvolto una sega rendendola inagibile. Il mattino dopo il macchinario era in perfetta efficienza. Fu considerato un ammonimento di S. Lucia a non lavorare nella notte a lei dedicata.

S. Lucia è anche protettrice degli oculisti, degli elettricisti, degli scalpellini. Ella è altresì patrona di molte città in Italia, la più importante delle quali è Siracusa, dove è nata; è copatrona (assieme a S. Marco) anche di Venezia dove, nella chiesa di S. Geremia, si trovano le sue spoglie. In provincia di Bergamo è patrona di Lenna; diversi paesi italiani portano nella loro denominazione S. Lucia: per mero esempio Colle S. Lucia (BL), Villa S. Lucia (FR); Villa S. Lucia degli Abruzzi (AQ). Motta S. Lucia (CZ) ecc.

Al di là dei patronati, la venerazione di S. Lucia è tutt’oggi diffusa in tutto il mondo. Molto sentita è la devozione in ambito spagnolo, ove S. Lucia è venerata in moltissime località e a lei sono intitolate diverse chiese; una particolare e partecipata devozione è quella della città di Siviglia che organizza anche una imponente processione con un pregevole simulacro ligneo della Santa. In Australia nella città di Melbourne sono addirittura due i rioni che festeggiano la Santa Siracusana con riti religiosi e processioni. Nelle nazioni dove sono approdati molti anni fa gli emigranti italiani i festeggiamenti sono ricorrenti in molte città: in Argentina soprattutto a Mar de la Plata e Buenos Aires, dove c’è l’importante presenza del Circolo Cattolico Santa Lucia di Buenos Aires che cura i solenni festeggiamenti della Santa.

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Santa Lucia è particolarmente festeggiata anche nel nord Europa, in nazioni come Svezia, Finlandia, Danimarca, Polonia e Russia. Soprattutto viva è la tradizione in Svezia dove tuttora la Festa di S. Lucia è celebrata con precisi rituali; al proposito di come tale tradizione sia giunta in Svezia esistono diverse versioni. La più accreditata, come riporta il sito ufficiale del turismo svedese, narra che l’aristocrazia svedese settecentesca, che aveva contatti con le altre pari in Europa, introdusse una tradizione che prevedeva che la figlia maggiore vestisse i panni di Lucia e, accompagnata dai fratellini minori vestiti da paggetti, servisse la colazione a letto ai genitori la mattina del 13 dicembre. La tradizione, come oggi viene celebrata, prese invece piede di nuovo a Stoccolma quando il quotidiano “Stockolms Dagbladet" lanciò il primo concorso per eleggere la Lucia più bella di Svezia. La "Lucia di Svezia", era eletta fra chi, messa sul capo una corona con sette candele e indossando una tunica bianca, con al seguito altre compagne ugualmente vestite, il 13 dicembre raccoglieva un maggior numero di regali natalizi da distribuire ai più bisognosi. L'Idea piacque molto, tanto da diventare nel giro di pochi decenni una tradizione nazionale.

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La festa è stata probabilmente ispirata dal racconto "Leggenda del giorno di Santa Lucia" (1912), di Selma Lägerlof, una svedese cattolica premio Nobel per la letteratura (1909). Dal 1950, ogni anno la ragazza eletta "Lucia di Svezia" è invitata ai fastosi festeggiamenti patronali di Siracusa, partecipando anche alla solenne processione conclusiva. 

 

S. Lucia nella letteratura e nell’arte

Dalla letteratura all’arte, la Santa è rievocata da molti autori famosi in innumerevoli opere. Dante Alighieri nel Convivio parla di Santa Lucia attribuendo a lei la guarigione dall’alterazione della vista causata da prolungate letture. Nella Divina Commedia la cita nel canto II dell’Inferno, quando la Madonna la invia a Beatrice per parlarle dello smarrimento di Dante; nel Purgatorio, canto IX, si presenta a Dante che dorme per agevolarlo nel suo cammino; nel Paradiso, canto XXXII, Lucia rivede Dante nel primo cerchio dell’Empireo. Anche molti pittori e scultori hanno dedicato opere che hanno come soggetto episodi della vita di S. Lucia. Tra i più noti vi sono … (leggi tutto)

 

S. Lucia e il solstizio d’inverno

E’ noto il detto “S. Lucia la notte più lunga che ci sia” ovvero, in altra versione, “S. Lucia il giorno più corto che ci sia”. Il tutto è nato da un’errata interpretazione che faceva coincidere la data del 13 dicembre, giorno di S. Lucia, con il solstizio d’inverno. L'etimologia della parola "solstizio" deriva da "Solis statio", fermata del Sole. Nel giorno del solstizio d'inverno il Sole, nel suo moto apparente, raggiunge il punto più basso del percorso sotto l'equatore celeste e delinea l'arco diurno più corto tra il Sud-Est e il Sud-Ovest, segnando così l'inizio della stagione invernale astronomica nell'emisfero boreale.

Pertanto in Italia si assiste al giorno con meno sole con 8 ore e 55 minuti, mediamente, di luce. Nella storia, il solstizio d'inverno ha rappresentato occasione di festività di vario genere, come per esempio i Saturnalia nell'antica Roma. In effetti fino al 1581 il 13 dicembre era proprio considerato il giorno più corto dell’anno, a causa dello sfasamento tra l’anno solare e il calendario Giuliano (introdotto da Giulio Cesare), che perdeva un giorno ogni 128 anni. Papa Gregorio XIII, nel calendario gregoriano, decise di eliminare i giorni dal 5 al 14 ottobre 1581 e il solstizio d’inverno dal 13 dicembre passò al 21 dello stesso mese.

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Ciò nulla toglie al fatto che per i bambini la notte tra il 12 e il 13 dicembre, quella dell’attesa di S. Lucia, rimanga sempre la notte più lunga che ci sia, ovviamente per altri motivi.

 

Come è nata la tradizione di S. Lucia che porta i doni 

S. Lucia che porta i doni non è una festa per tutti i bambini, perché in molte parti d’Italia e nel mondo sono altri i personaggi a questo dedicati: Babbo Natale (che è il più “globalizzato”), la Befana (in particolare a Roma), S. Nicola (a Bari) ecc. Tuttavia la Festa di S. Lucia resiste ancora in diverse regioni e città italiane. In Lombardia, è una ricorrenza molto sentita nelle provincie di Bergamo, Brescia, Crema, Cremona, Lodi e Mantova; in Emilia nelle provincie di Piacenza e Forlì; in Veneto è molto viva nelle città di Verona e Vicenza e in parte anche a Venezia; la tradizione esiste pure in Trentino e in Friuli Venezia Giulia.

Naturalmente poi è una ricorrenza particolarmente rispettata in Sicilia, specie a Siracusa sua città natale. Non vi è una spiegazione supportata da documenti sul fatto che S. Lucia sia portatrice di doni; al proposito ci stanno diverse leggende secondo le aree geografiche dove persiste la tradizione.

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Tra le tante, se ne riportano alcune. A Verona, intorno al XIII sec., in città era scoppiata una terribile ed incurabile epidemia di “male agli occhi”, in particolare tra i bambini. La popolazione decise allora di chiedere la grazia a S. Lucia, con un pellegrinaggio a piedi scalzi e senza mantello, fino alla chiesa di S. Agnese, dedicata anche alla martire siracusana. Il freddo spaventava i bambini che non avevano nessuna intenzione di partecipare al pellegrinaggio lasciando a casa calze e scarpe. Ma l’arguzia dei genitori superò la ritrosia dei figli, con la promessa che al ritorno a casa avrebbero trovato le loro calze e scarpe riempite di doni e dolciumi; in tal modo li convinsero a partecipare al pellegrinaggio. I bambini accettarono e l’epidemia si esaurì. Da quel momento è rimasta la tradizione di portare in chiesa i figli per la benedizione degli occhi il 13 dicembre e ancora oggi, la notte del 12 dicembre, i bambini aspettano l’arrivo di S. Lucia che porta loro gli attesi regali accompagnata dal suo asinello a cui è stato dato il nome di Castaldo.

Nel Bresciano, invece, si tramanda che la città fosse stata colpita da una grave carestia e che alcune signore di Cremona avessero organizzato una distribuzione di sacchi di grano da lasciare anonimamente sulle porte di tutte le famiglie. Così una carovana di asinelli carichi di frumento raggiunse Brescia presa nella morse della fame; poiché la distribuzione avvenne di nascosto, la notte tra il 12 e il 13 dicembre, si pensò che fosse stata una grazia della martire. L’antica ospitalità, poi, voleva che si accogliessero nelle case i pellegrini che cercavano riparo dal freddo e questi ultimi, a loro volta, prima di ripartire dovevano lasciare un dono sulla porta della casa che li aveva accolti. Con il trascorrere del tempo si consolidò così l’usanza di fare regali in occasione del 13 dicembre.

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Sempre legato a un episodio di solidarietà è l’avvenimento miracoloso che riguarda Siracusa, la città natale di S. Lucia. Si narra che una grave carestia aveva colpito Siracusa nel 1646 e, consumate le scorte, molti cominciavano a patire la fame. Il vescovo invitò la cittadinanza alla preghiera e la notte tra il 12 e 13 dicembre, mentre la cattedrale era gremita per la messa, una colomba (oppure una quaglia, secondo le versioni) entrò nella chiesa. Nel frattempo delle navi cariche di grano, vale a dire di salvezza, approdarono senza equipaggio nel porto di Siracusa.

Infine, secondo una narrazione non legata alla Santa, la tradizione di portare doni deriverebbe dal fatto che un tempo il solstizio d’inverno cadeva proprio nella giornata del 13 dicembre; in tale circostanza nelle campagne era usanza che le persone che avevano avuto raccolti più abbondanti ne donassero una parte ai meno fortunati.

 

La tradizione di S. Lucia a Bergamo e in provincia

Il culto della Santa nella provincia di Bergamo si diffuse a partire dal XIV secolo; in città fu anche costruita una chiesa dedicata a S. Lucia nella borgata fuori le mura, in località Broseta. Nel 1798 il culto fu abolito nel periodo napoleonico; con la fine di tale dominio, la devozione riprese vigore e si ricominciò a celebrare l’anniversario del 13 dicembre con solennità. Al tempo esisteva anche una grande Fiera di S. Lucia, della quale oggi rimane un più labile ricordo con la parata delle bancarelle sul Sentierone.

La simpatica consuetudine di festeggiare Santa Lucia è legata al periodo in cui Bergamo apparteneva alla Repubblica di Venezia, città in cui la Santa è oggetto di particolare venerazione. Non vi sono al proposito precise testimonianze storiche sulla tradizione della Santa che viene di notte con il suo asinello a portare i doni ai bambini buoni, se non ricorrendo alle leggende sopra narrate riguardanti le città di Brescia, Verona e Siracusa. Si sa che già nell’800 vi era usanza mettere sul davanzale della finestra una scarpetta di stoffa, nella quale durante la notte la Santa vi riponeva i "bùn bù", ossia dolci e frutta come: nocciole, una mela, fichi secchi, torroncini e zuccherini, i cosiddetti "basì de söchèr" , le arance ( i “portogài”) e i mandarini; i più fortunati potevano trovare anche cioccolato e torroni fatti in casa.

Più legata alla terra di Bergamo è invece l’usanza, nata a quanto pare all’inizio del secolo scorso, che per ricevere i doni i bambini debbano scrivere una letterina con i propri pensieri e desideri, che poi dovrà essere messa nella cesta nella chiesa della Madonna dello Spasimo, all’imbocco di via XX Settembre a Bergamo, chiamata anche la Chiesa di S. Lucia perché lì si trova la sua statua collocata in un’urna accanto alla quale poi tutte le letterine vengono depositate. Specialmente i sabati e le domeniche antecedenti la ricorrenza si registrano lunghe code di genitori con bambini davanti alla chiesa dedicata alla Santa.

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I «Cara Santa Lucia» sono migliaia e migliaia; nessuna letterina, però, è simile all’altra perché ogni bambino ci mette qualcosa di suo. Ci sono le lettere «minimal» (un paio di righe stile lista della spesa) e quelle fiume (pagine e pagine allegate, con disegni, fotografie, promesse ecc.), ci sono quelle scritte su un pezzo di carta qualunque, oppure elegantemente redatte in Microsoft Word. Gli indirizzi che si leggono sulle buste sono frutto di fantasia: “A S. Lucia Strada del Cielo, Via Lattea, Via del Paradiso, Viale delle Stelle, Via della Cometa, Via dell’Universo ecc…” segno del mistero che avvolge il personaggio che non abita in un luogo ben definito. Interessantissimi sono poi gli scritti con cui vengono richiesti i regali. Al di là della forma, è la sostanza che conta e qualcuno pensa bene di dare più peso al listone delle richieste lasciando alcuni suoi giocattoli per i bambini poveri; non sia mai che tutta questa bontà possa rendere la Santa ancora più generosa. C'è poi il popolo del ciuccio. Da sempre i genitori bergamaschi colgono l'occasione di Santa Lucia per far lasciare il desiderato ciuccio ai piccoli tra i 4 e i 5 anni. «Cara Santa Lucia – hanno fatto scrivere i genitori ad un bimbo – ti lascio il mio ciuccio perché sono diventato grande, ma ne tengo uno di scorta in casa. Non lo userò mai più. È lì solo se dovessi proprio sentirmi solo e abbandonato».

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Santa Lucia durante la notte tra il 12 e 13 dicembre prende miracolosamente vita e legge i bigliettini lasciati. A questo punto con il carretto trainato dal suo fedele asinello prende il volo consegnando i doni nelle case dei bambini buoni. 

I quotidiani bergamaschi dopo la festa della Santa sono soliti pubblicare alcuni testi delle letterine più curiose lasciate dai bambini, come ad esempio: «Mi chiamo Lisa, ho nove anni, vivo a in un paese d’Isola. E tu dove abiti?», butta lì la più curiosa, che non è l’unica a tentare la missione impossibile. «Perché scappi via? Vogliamo vederti, vogliamo toccarti, vogliamo ringraziarti», rincara la dose Anna, che punta al colpo grosso e che nel finale raddoppia con un «puoi tenere il disegno, ma lasciami la tua firma». Vi sono poi bimbetti alla ricerca di risposte, come Silvia, che pone dubbi: «Ma è vero che esiste l’aldilà? Scrivimi la risposta, grazie». «Ti chiedo di portarmi uno o due giochi a tua scelta», scrive Alberto, che lascia un post scriptum: «Se ti avanza un po’ di tempo, addobbi la mia casa? Grazie».

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A proposito dei testi delle letterine, vi è un simpatico libretto scritto da Roberto Alborghetti dal titolo “Vorrei che mi porteresti” dal quale sono tratti i testi di altre letterine ... (leggi tutto)

Sempre nella bergamasca si rinnova la tradizione dell’attesa che ha più o meno le stesse modalità delle altre provincie dove vige la ricorrenza dei doni a S. Lucia. La preoccupazione dei bambini è quella di attirare l’asinello, stanco per il lungo viaggio, facendogli trovare qualcosa per rifocillarsi; le varianti sono molte, anche in base alle tradizioni di famiglia: chi mette fieno, chi pone le carote alle finestre, chi prepara un piatto con crusca o farina gialla, sempre con una bacinella d’acqua per dissetarsi; per S. Lucia si mette una scarpa (un tempo uno zoccolo) perchè sia riempita di dolci o anche un lumino per indicare alla Santa che in quella casa abita un bambino; a lei per rifocillarsi si lascia del pane o dei dolcetti fatti in casa e un bicchiere d’acqua o di latte.

Poi tutti a nanna presto perché ai bambini disubbidienti, ancora svegli per cercare di vedere l’arrivo dell’asinello e dei doni, Santa Lucia diversamente getterebbe cenere negli occhi senza lasciare alcun regalo.

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Tempo fa era anche in uso pulire la cappa del camino per non far sporcare col nero della fuliggine il vestito a S. Lucia perché si faceva credere (come avveniva per la Befana) che quello fosse il passaggio per entrare nelle case.

In provincia di Bergamo, comunque, vi sono paesi in cui l’attesa della Santa si è arricchita di tratti originali. Un esempio è il paese di Lenna, in Val Brembana dove il giorno di S. Lucia è considerato Festa Patronale e dove esiste una chiesetta (risalente alla fine del ‘600) dedicata alla Santa; cosa più interessante per i bambini è che … sono a casa da scuola e possono godersi ancor di più la festa. Anche quest’anno il programma è assai ricco e abbraccia le due giornate del 12 e 13 dicembre: oltre ai riti religiosi, sono previsti i mercatini in piazza, premiazione del concorso “Un sorriso per Santa Lucia”, la gara “Brucia la Strega più bella”, lotteria, bancarelle, caldarroste, vin brulé e, come finale, uno spettacolo pirotecnico.

C’è poi, alla vigila, il grande falò al campo sportivo a ricordo di una vecchia tradizione. Infatti, la festa, o fiera di Santa Lucia, a Lenna tanti anni fa veniva chiamata anche "Il Mercante della Neve" perché quasi sempre in quei giorni nevicava. I vecchi raccontano che bambini sentivano la festa di S. Lucia molto tempo prima; infatti andavano a raccogliere le "menade di spì" (fasci di spini secchi) per fare il falò, che era grandioso e illuminava la vigilia. Il falò era presente in ogni contrada e si faceva a gara per farlo più bello. Spesso i ragazzi litigavano e si rubavano gli spini. In cima ad ogni falò si metteva la vecchia, fatta con stracci. Tutti i falò venivano accesi contemporaneamente alle otto della sera della vigilia, quello che durava di più era il vincitore.

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Poi si tornava di corsa a casa a lucidare la scarpetta per metterla sulla finestra, perché Santa Lucia sarebbe passata a riempirla di doni (una piccola arancia, una carruba e i "basì de söcher"). Al mattino seguente si andava tutti alla Santa Messa per ringraziare dei doni e per ricevere la benedizione degli occhi. Il giorno di Santa Lucia era famoso pure per la grande fiera che si teneva al centro del paese; le vie erano colme di gente e si incontrava ogni genere di mercante, si vendevano e si comperavano animali, maiali, capre e vitelli. Il tutto finiva poi in grandi bevute nelle osterie assieme ad una scodella di trippa che era il pasto simbolo della festa (tradizione questa presente anche in altri paesi della Val Brembana). 

Infine, la tradizione di S. Lucia nel bergamasco è corredata anche da filastrocche in dialetto che un tempo tutti conoscevano e recitavano. La più diffusa era la seguente, che giocava sull’equivoco nel dire ai bambini, senza farlo troppo capire, che i doni arrivano dai genitori: 

Santa Lösséa, Mama méa
Co' la borsa del papà 
Santa Lösséa la égnerà.
La égnerà söl mé balcù
A portàm ü bèl turü
 

(Santa Lucia mamma mia - con la borsa del papà - Santa Lucia arriverà. Arriverà sul mio balcone - a portami un bel torrone).

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Di questa filastrocca esiste anche la versione in dialetto cremonese. Non si sa chi sia la primogenita tra le due:

Santa Lusìa,
la scarpa l’è mia,
la bursa l’è dal pupà:
Santa Lusìa la gnaràa.
La gnaràa com trì bumbòn,
caramèli e turòn
 

Nella scheda allegata sono riportate altre filastrocche dialettali, una poesia e il testo di una canzone ... (leggi tutto)

 

S. Lucia ad Osio Sopra

Anche ad Osio Sopra vi sono segni tangibili della devozione per S. Lucia. Sul territorio esiste una cappelletta dedicata alla Santa che è situata presso il rondò tra le vie Circonvallazione nord, via Montessori, Via Donizetti, viale Emilia per Dalmine e via Osio verso Mariano. Nel libro “Osio Sopra - Il patrimonio immateriale di una comunità” a cura di Gianpietro Bacis vi è una significativa descrizione di come la cappelletta un tempo fosse un punto cruciale della viabilità tra Osio Sopra e Mariano e come nel tempo si sia modificata:

“ … la cappelletta di Santa Lucia ha la classica forma delle cappellette di campagna con una parte non accessibile, dove ci sono le effigi sacre, con antistante un piccolo porticato delle stesse dimensioni della parte interna, dove il viandante poteva trovare ricovero o fermarsi a pregare. In entrambe le parti la copertura è assicurata da una volta a vela con i mattoni a vista. Purtroppo, sia nel caso della Santa Lucìa che dei Murtì, è stata chiusa con una inferriata anche la parte che una volta era accessibile al pubblico, snaturando la funzione per cui il piccolo patio era nato in queste e in moltissime cappellette e tribuline dell’alta Italia.

All’interno della cappelletta sono stati di recente eliminati gli affreschi laterali e sulla parete centrale è stato realizzato un mosaico con l’effige di Santa Lucia che sorregge un piatto contenente i suoi occhi, così come vuole la tradizione. La cappelletta è stata recentemente ristrutturata e l’inaugurazione, 22 Settembre 2011, è stata annunciata da un piccolo opuscolo nel quale si ringraziano, oltre i contributori, gli artigiani e gli artisti che hanno reso possibile il restauro. In particolare: Michelangelo e Bruno Locatelli, Atelier ZAV di Arzuffi, Alfredo Martinelli e le officine Piazzalunga”.

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Nel nostro paese la ricorrenza di S. Lucia si svolge secondo la tradizione più diffusa nella bergamasca. Da dalla fine degli anni ’90 a questa parte, su iniziativa di alcuni cittadini, coadiuvati da associazioni locali, alla vigilia è organizzato un simpatico evento: una fanciulla vestita da S. Lucia con una tunica bianca ed il volto coperto da un velo arriva in piazza accompagnata dal suo asinello e con un cesto di dolciumi da distribuire ai bambini; passa poi per alcune vie del paese preceduta dal suono del campanello per invitare i piccoli ad andare a letto in attesa dei regali che la mattina dopo troveranno.

Da quest’anno la tradizione dell’arrivo di S. Lucia ha assunto una modalità strutturata in ben due eventi, il primo la domenica 6 dicembre denominato “Aspettando la Santa Lucia” e l’altro la vigilia della Festa, sabato 12 dicembre. Le due manifestazioni sono rese possibili grazie alla partecipazione dell’Amministrazione comunale, della Proloco e di numerose Associazioni ed Enti del territorio.

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Riproporre la tradizione non è tanto nostalgia di tempi passati, perché la magia del sogno non ha età. Con tutti i rituali che li precedono, i doni di S. Lucia sono circondati da quel pizzico di alone di fiaba e di mistero che i bambini non ritrovano nelle circostanze delle altre feste che prevedono “regali”, dati ormai per scontati, dove il semplice desiderio dell’oggetto prevale su tutto.

 

I regali di S. Lucia ai bambini di Osio oltre mezzo secolo fa

Sorge spontanea la domanda: ma a Osio Sopra com’era celebrata la Festa di S. Lucia e quali erano i doni che portava ai bambini tanti anni fa? Abbiamo al proposito raccolto le testimonianze di alcune persone, “bambini” di oltre mezzo secolo fa. Le proponiamo così come le ricordano oggi. Vi sono tratti comuni nella descrizione, ma ogni situazione narrata concorre a formare, con emozione ma senza nostalgia, un affresco del tempo che fu ... (leggi tutto)

 

Epilogo

Questo dossier, che speriamo sia stato gradito, è il regalo che MicroOsio ha inteso fare ai suoi lettori per S. Lucia. Se volete narrare le storie a dei bimbi innocenti, omettete quelle che svelano chi è la S. Lucia; lasciateli sognare ancora un po’, tanto ne avranno di tempo per comprendere da soli.


 

V. F. (Dicembre 2015)

Categoria: Riflessioni
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